Il continente europeo rappresenta uno dei mercati più importanti per la diffusione e la promozione del pescato e le società europee riescono facilmente ad ottenere l’accesso alle licenze di pesca in acque che confinano con il continente, come avviene nel Mediterraneo e al largo dell’Africa Occidentale.
Le tecniche di pesca industrializzate, massive e spesso illegali stanno però minacciando i mezzi di sussistenza delle popolazioni ubicate sulle coste del Mediterraneo meridionale, facendo scomparire la pesca tradizionale delle comunità a causa dei nuovi processi commerciali e industrializzati che rischiano di divenire una minaccia per i paesi in via di sviluppo.
Tra i paesi del Mediterraneo che stanno analizzando e affrontando il fenomeno della pesca illegale proponendo, in alternativa, cooperazione internazionale, tracciabilità e innovazione sostenibile, ritroviamo la Tunisia. In questo contesto già delicato, la pesca illegale sta mettendo in pericolo la foresta sottomarina delle posidonie del Mediterraneo e il pescato locale sta registrando delle diminuzioni molto preoccupanti. La pesca tunisina ritrova la propria importanza internazionale grazie alla “charfia”.
In Tunisia, la charfia è una sorta di labirinto fisso costruito allineando migliaia di foglie di palma, che grazie alle correnti indirizza i pesci verso le camere di cattura. Si tratta di un sistema di gestione unico in ambito marittimo arabo-musulmano ed è un’antichissima tecnica di pesca il cui uso risale addirittura all’era punica. L’eccezionale tecnica di pesca alla charfia, praticata soprattutto presso le isole Kerkenna in Tunisia, è nella lista del patrimonio immateriale dell’umanità dell’Unesco.
Il risultato e l’attenzione internazionale raggiunta è frutto di una stretta collaborazione tra l’Istituto Nazionale del Patrimonio tunisino (Inp) e Webport (il porto digitale del Mediterraneo ideato e curato dal Ciheam Bari nell’ambito del progetto Nemo, avviato nel 2014 con il sostegno dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo e in collaborazione con i Ministeri di Agricoltura e Pesca di Libano, Egitto, Tunisia, Algeria, Marocco), per la riscoperta e la valorizzazione della società e delle tradizioni della Tunisia che richiamano l’attenzione internazionale sulla pesca locale e sulle opportunità di occupazione dei pescatori tunisini.
Nel paese nordafricano attualmente vanno diffondendosi iniziative di cooperazione locale di pescatori artigianali impegnati ad utilizzare i metodi della pesca tradizionale e a integrare la pesca con l’agricoltura, prendendosi cura anche della vegetazione locale e valorizzando le tradizioni agrarie autoctone. Alcuni di questi progetti sono sostenuti dalla Fondazione Lighthouse che promuove la scienza e la ricerca, l’insegnamento, la cultura, i principi dell’ecologia e dello sviluppo internazionale per tutelare e monitorare i mari e gli oceani del mondo, con l’intuizione che l’attuale sviluppo incontrollato dell’umanità genererà tantissime problematiche sociali ed ambientali. La Fondazione pone attenzione al messaggio lanciato dalla prima e della seconda conferenza di Rio e dagli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 che l’umanità ha deciso di intraprendere. Un messaggio chiaro che mira a rafforzare il lavoro locale di quelle comunità che vogliono rafforzare la resilienza dei territori e intraprendere nuove prospettive di valorizzazione e tutela del mare. La sostenibilità e la cooperazione diventano iniziativa e proposta per le autorità locali tunisine che vogliono incentivare l’occupazione preservando il territorio.
Rafforzare la cooperazione transfrontaliera in campo marittimo e sostenere le buone pratiche di vicinato fra la Tunisia e le regioni del Meridione italiano può rappresentare un ulteriore tassello per lo sviluppo dell’occupazione sostenibile per i paesi del Sud. Nel paese nordafricano, il settore della pesca impiega circa 100.000 persone e rappresenta quasi il 10% dell’export agroalimentare della nazione.
L’ammodernamento del settore della pesca, dell’acquacoltura e la riabilitazione del porto di Kelibia sono priorità che il governo di Tunisi vuole affrontare in un clima di cooperazione con l’Italia.
Progetto estremamente interessante è quello lanciato dal Programma “PRASOC”, per la realizzazione di una linea di credito di 57 milioni di euro, di cui 50 milioni a credito d’aiuto e 7 milioni a dono, che è dedicato ai settori agricolo, della pesca e a quello dell’economia sociale e solidale. Quest’iniziativa si configura come la prima operazione di credito misto tra la Cooperazione italiana e la Cassa Depositi e Prestiti che contribuirà con fondi propri alla realizzazione dell’iniziativa ed è stata recentemente descritta durante un webinar, organizzato dalla piattaforma WestMed Initiative, con l’Agenzia Italiana di Cooperazione allo Sviluppo di Tunisi, la Delegazione dell’Unione Europea in Tunisia e l’Ambasciata d’Italia in Tunisia, con la partecipazione dell’Ambasciatore Lorenzo Fanara, sul tema “Agricoltura e Pesca”.
Tra i progetti più innovativi recentemente avviati ritroviamo Surefish, vincitore del Bando PRIMA Observatory on Innovation, che vede lavorare assieme partner di cinque Paesi: Italia, Egitto, Libano, Spagna e Tunisia con il coordinamento dell’Italia da parte di ENCO SRL e l’Università degli Studi di Napoli Federico II. I partner tunisini che lavorano al progetto sono Didon Marée Sarl, Institut National des Sciences et Technologies de la Mer – I.N.S.T.M e Slow Food Tebourba Association assieme a Gi.&Me. Association, presieduta dall’ingegnere Franz Martinelli.
L’obiettivo del progetto è quello di valorizzare il patrimonio ittico del Mediterraneo, attraverso il monitoraggio e l’analisi della tracciabilità, della sostenibilità e dell’autenticità del pescato in tutto il Mediterraneo. Una sinergia tra associazioni, società e pescatori locali che si avvale dell’utilizzo delle più innovative tecnologie e competenze su ICT, blockchain, etichettatura e imballaggi intelligenti, adoperando strumenti sensoriali innovativi per la tracciabilità e la valutazione della pesca. Inoltre, il progetto intende sviluppare strategie di comunicazione e informazione per promuovere la fiducia dei consumatori, con marchi di certificazione, lo sviluppo di applicazioni informatiche, per tutelare le specie in pericolo nel Mediterraneo e per condividere i dati delle ricerche con tutti i protagonisti coinvolti. Una progettualità che in Tunisia vede il protagonismo delle comunità locali e delle famiglie dei pescatori.
Lo sviluppo sostenibile del Mediterraneo e dei paesi della sponda sud del nostro bacino richiede un’azione a lungo termine e un approccio multidisciplinare che guarda alla valorizzazione del territorio non in termini di puro sfruttamento ma analizzando le opportunità e l’utilizzo di approcci sostenibili e regolati delle risorse marine.