Ricci di mare: un’avventura tra miti, leggende e sapori d’estate – Nel cuore delle profondità marine del Mediterraneo si nasconde un gioiello culinario simbolo dell’estate e dei piatti gorumet: il riccio di mare, un curioso echinoderma le cui prelibatezze hanno conquistato i palati di tutto il mondo.
Da bambino in Puglia, potevo ammirare e raccogliere facilmente i ricci di mare, poiché erano abbondanti ovunque, persino nelle acque basse. I pescatori, invece, li raccoglievano dalle loro imbarcazioni, aiutandosi con lo specchio e utilizzando la tradizionale asta chiamata “cannuga” per poi aprirli, pulirli e mangiarli crudi.
La costa tra Savelletri e Torre Canne era talmente ricca di ricci da dare origine a numerosi chioschi, poi trasformati in ristoranti, dove è ancora possibile gustare direttamente sugli scogli ricci di mare crudi e deliziose ricette a base di questo prelibato prodotto, come la famosa ricetta degli spaghetti con la polpa di riccio.
Questi piccoli gioielli culinari rappresentano un simbolo dell’estate e della raffinata gastronomia mediterranea, conquistando il palato di appassionati gourmet di tutto il mondo.
Il suo frutto è avvolto in una robusta corazza di spine, una sfida per gli intenditori alla ricerca di esperienze culinarie uniche. Ma non preoccupatevi, esiste un modo per aprire questo capolavoro del mare: il taglia riccio, una sorta di forbici a pinza, che, con esperienza e abilità manuali, svela il tesoro nascosto al suo interno. Un’arte antica, delicata ma estremamente gratificante.
La pesca di questo prodotto avviene con cura e rispetto per la natura, con un limite di 50 esemplari per la pesca sportiva. L’apnea è un modo per raccogliere questi delicati esseri, ma richiede guanti protettivi poiché questa meraviglia può essere un po’ pungente! Si può quasi immaginare l’emozione di staccarli delicatamente dal loro habitat, quasi un rituale tra l’uomo e il mare.
Il riccio è un animale che popola sia le acque marine del Mediterraneo, sia degli oceani. Possiamo trovare due delle sue specie sulle nostre tavole a seconda della stagione: il Paracentrodus lividus, con il suo corpo compatto e gli aculei eleganti, diffuso soprattutto nel Mediterraneo settentrionale, e il Loxechinus albus, una meraviglia del Pacifico con aculei numerosi, sfumature verdastre e carni abbondanti.
Mentre ci immergiamo nella ricchezza del mare e scopriamo i suoi tesori gastronomici, il riccio di mare ci incanta con la sua storia millenaria e il suo gusto ineguagliabile, rendendo ogni esperienza culinaria un’emozionante avventura marina.
I ricci di mare presentano sulla superficie del corpo aculei di varia lunghezza, colore e forma. La bocca, situata al centro del corpo, è provvista di un apparato masticatore con cinque denti noto come “Lanterna di Aristotele“, così chiamato perché si pensa che il grande filosofo greco Aristotele abbia paragonato l’apparato boccale del riccio a una lanterna.
All’interno del guscio calcareo si trovano le 5 gonadi, che variano di colore da specie a specie (gialla, giallo-arancio, violetta) e costituiscono la parte commestibile dei ricci di mare. Queste creature possono essere di sesso separato, ma talvolta si trovano casi di ermafroditismo. Alcuni ricci sono onnivori, mentre altri sono prettamente carnivori o erbivori.
Durante le conversazioni con amici che mangiano ricci di mare, sorge spesso il dubbio se stiano consumando un riccio femmina o maschio. La risposta è semplice, ma non sempre tutti ci credono, poiché molti credono di mangiare solo ricci femmine. Per fare chiarezza, nel Mediterraneo troviamo due specie: Arbacia lixula (quella definita “maschio”) e Paracentrotus lividis (quella definita “femmina”). Entrambe hanno sia individui maschi che femmine, ma è solo l’ultima che finisce sulle nostre tavole e che comprende sia femmine che maschi, a seconda di ciò che viene servito, consumiamo.
Se siete curiosi di distinguere il sesso di un riccio, una leggenda popolare suggerisce di aprire il riccio, versare alcune gocce di acqua salata e osservare il liquido che fuoriesce. Se esce liquido bianco (si pensa sia sperma), allora si tratta di un maschio, mentre se esce liquido arancione (si pensa siano uova), si tratta di una femmina. Tuttavia, questa tecnica non è scientificamente provata ed è solo una leggenda popolare.
Quello che mangiamo del riccio di mare è la polpa, spesso confusa per uova ma che in realtà sono le sue cinque gonadi, ovvero le ovaie.
È importante acquistare ricci di mare solo dalla propria pescheria di fiducia, evitando proposte senza garanzie e tracciabilità. Per garantire la sicurezza, i ricci di mare destinati alla vendita al dettaglio devono passare attraverso un centro di spedizione che applica un marchio di identificazione (un cartellino), certificando la provenienza e l’idoneità per l’alimentazione umana.
Ricordate di prestare attenzione a ciò che mangiate, poiché prodotti non certificati potrebbero provenire da mari inquinati o essere conservati in condizioni igieniche non adeguate, con gravi conseguenze per la salute.
Passando alle curiosità riguardanti i ricci di mare, nel corso dei secoli, il loro scheletro esiccato ha suscitato miti e leggende. In passato, i fori e i tubercoli dello scheletro venivano ritenuti troppo belli per essere naturali e si pensava avessero poteri magici. Ad esempio, si credeva che possedere uno di essi potesse aiutare a vincere nelle dispute e litigi. In alcune culture africane, si pensava che possederne uno potesse facilitare il parto alle donne.
Il paleontologo Ken McNamara ha scoperto che le cosiddette “uova di serpente” erano in realtà scheletri di echinodermi, tra cui i ricci di mare, e si pensava che tali scheletri oltre a essere considerati portafortuna, potessero proteggere dalle sfortune, dalle malattie e dai fulmini durante i temporali.
La legge, recentemente promulgata dalla Regione Puglia sul riccio di mare, che per un periodo di tre anni vieta il prelievo, la raccolta, la detenzione, il trasporto e la commercializzazione di esemplari di Paracentrodus Lividus nelle acque pugliesi, rappresenta un passo importante per la conservazione di questa specie e la tutela degli ecosistemi marini. Al tempo stesso, è fondamentale che il consumo di prodotti ittici venga gestito in modo sostenibile per preservare la ricchezza della fauna marina.
Riflettendo sulla nostra responsabilità nell’ambiente marino, proteggere queste meravigliose creature significa preservare la biodiversità e garantire un futuro sostenibile per le prossime generazioni. La nostra scelta consapevole nell’acquisto di prodotti ittici provenienti da fonti sostenibili può fare la differenza. Diamo il giusto valore ai tesori del mare, perché solo così potremo continuare ad incantare il nostro palato e le nostre tradizioni con l’eccellenza dei sapori marini.
Ci sono luoghi nel profondo del mare dove il tempo sembra fermarsi e la meraviglia abbraccia l’anima. In quei momenti, si comprende l’armonia perfetta tra l’uomo e il mare.
Ricci di mare: un’avventura tra miti, leggende e sapori d’estate