Gran parte dei pescherecci italiani è ferma: prevale il senso di autotutela e di precauzione per gli equipaggi; le barche pronte per le campagne stagionali non vengono armate: prevale il buon senso nell’intento di evitare spreco di energie e di risorse; il pescato rimane invenduto: tra legittime limitazioni precauzionali e false credenze c’è stato un crollo verticale della domanda di pesce fresco.
Le misure straordinarie adottate dal Governo italiano per il contenimento del contagio da Covid-19 risultano assolutamente necessarie per la salvaguardia di tutti i cittadini. Queste stesse misure però sembrano decretare la condanna a morte dell’intero settore ittico italiano. L’ esperienza di contrasto attuata per sconfiggere un nemico invisibile e subdolo, genera conseguenza estremamente dannose per l’intero assetto economico nazionale.
Certo l’urlo di dolore del comparto ittico sembra quasi stridere con l’urlo disperato di una nazione intera alle prese con una crisi sanitaria senza precedenti. Chiaramente esistono le priorità, ma proprio in momenti così difficili bisogna guardare in ogni direzione per cercare di limitare i danni; bisogna trovare la strada della ripresa anche economica per quando sarà passata (perchè l’Italia ce la deve fare) la crisi sanitaria.
“Noi ci occupiamo di pesca e abbiamo il dovere di tenere alta l’attenzione nei confronti di questo settore che ha ricevuto un colpo ferale: una pregressa crisi strutturale ha lasciato il posto a una vera e propria emergenza”. sottolinea Gennaro Scognamiglio presidente nazionale UNCI Agroalimentare.
“Chiusi i ristoranti, le pizzerie, i pub e le mense di ogni tipo si è registrato un crollo del 60-70% delle richieste di pesce fresco. Le restrizioni imposte agli spostamenti dei singoli cittadini hanno fatto il resto: le pescherie hanno chiuso, come chiusi sono i mercati ittici. Ai supermercati non va meglio, i cittadini fanno le scorte e si orientano sui surgelati. Dunque in piena emergenza sanitaria ci dobbiamo arrendere e constatare la piena crisi della pesca: i fatturati sono prossimi allo zero. L’ incertezza e la paura per il futuro regnano sovrane. Ma bisogna dare speranza ai disperati: tocca a noi come Associazione e poi alle Istituzioni”, continua Scognamiglio.
“I pescatori possono contare su interlocutori certi e disponibili: pensiamo al Ministero delle Politiche Agricole e alla Direzione Generale della Pesca Italiana che sono in costante e fattivo contatto con l’Unione Europea.
Di ieri il Dl della Ministra Bellanova che contiene misure a sostegno dell’ agroalimentare italiano in grave sofferenza a causa della diffusione del contagio da coronavirus. Nello specifico per la pesca è stato previsto un fondo da cento milioni per l’arresto temporaneo dell’attività; un altro fondo sempre da cento milioni come accesso al credito per le imprese di pesca e l’estensione della cassa integrazione in deroga anche ai lavoratori di questo settore. Si tratta sicuramente di un buon inizio, ma attendiamo naturalmente altri tipi di sostegno che serviranno a garantire il futuro dei nostri lavoratori del mare e delle loro famiglie”, ha concluso il presidente nazionale UNCI Agroalimentare.