La sessione plenaria del Parlamento europeo che si aprirà oggi a Strasburgo avrebbe dovuto essere decisiva sia per dare l’ultimo ok alla Commissione von der Leyen che per mettere la parola fine al dossier Brexit. Ma il voto definitivo richiesto agli eurodeputati su entrambe le questioni è stato rinviato a data da destinarsi, certificando uno stato d’impasse su quelle che ormai sono da considerarsi a tutti gli effetti due crisi istituzionali.
Proprio di Brexit e pesca si parlerà a Strasburgo nella giornata di martedì, quando sarà votato il rapporto Davis sulla proposta della Commissione di applicare temporaneamente anche in caso di Brexit le autorizzazioni di pesca per imbarcazioni Ue in acque britanniche e viceversa. Il nuovo regolamento prevede di estendere per tutto il 2020 l’accesso reciproco alle acque territoriali europee e del Regno Unito per attività di pesca sostenibili in conformità con la Politica comune della pesca dell’Ue (PCP). La proposta prevede anche di applicare alle imbarcazioni battente bandiera britannica le quote per il 2020 decise dal Consiglio Ue tra ottobre e dicembre.
Come sottolineato in precedenza, l’Eurocamera avrebbe potuto ratificare in questa sessione l’accordo di recesso concluso tra il governo di Boris Johnson e la Commissione europea, approvato anche dai capi di Stato e di governo dei 27 Stati membri. Ma sabato, la Camera dei Comuni ha di fatto costretto l’esecutivo a richiedere un’altra estensione della scadenza di Brexit, posticipandola al 31 gennaio 2020. Il capitolo Brexit resta, dunque, ancora aperto, continuando a rendere complicata la programmazione politica e finanziaria dei prossimi anni.
Dall’addio ancora in fieri del Regno Unito dipendono i ritardi sul budget pluriennale per il periodo di programmazione 2021-2027 e che interessa direttamente il Fondo europeo per la pesca (FEAMP). Ne hanno parlato al summit Ue della scorsa settimana i leader europei, ormai preparati a trattare un budget ridotto e senza contributi economici britannici. L’attuale presidenza di turno finlandese vorrebbe presentare per dicembre una “negotiation box” che gli Stati membri potranno negoziare sotto la presidenza croata dei primi sei mesi del 2020, e chiudere durante la seguente presidenza tedesca. È altamente probabile dunque che il prossimo budget di lungo termine, e dunque anche il FEAMP, perderà un anno e partirà dal 2022.
Un altro stallo dell’agenda istituzionale è quello che porterà la commissione von der Leyen a entrare in ufficio con uno o forse più mesi di ritardo. Mercoledì scorso, la capigruppo all’Europarlamento ha giudicato impossibile calendarizzare la fiducia a Ursula von der Leyen per il 24 ottobre, come originariamente previsto, dal momento che la sua squadra non è ancora al completo. Mancano infatti tre Commissari all’appello, dopo che quelli che erano stati designati da Romania, Ungheria e Francia sono stati bocciati dagli eurodeputati.
Il presidente del Parlamento europeo David Sassoli ha rinnovato l’impegno del Parlamento ad ascoltare i nuovi candidati nel più breve tempo possibile per permettere alla nuova Commissione di partire almeno dal 1 dicembre, ma ha chiesto ai governi con commissari rimandati di nominare al più presto i loro sostituti. In seguito alla probabile estensione Brexit, potrebbe esserci anche la necessità legale di nominare un Commissario per il Regno Unito pro tempore, che potrebbe ulteriormente ritardare le procedure d’insediamento.
Con la Commissione europea di fatto bloccata, nessun altro evento rilevante, esclusa la plenaria di Strasburgo, è calendarizzato per questa settimana. Per quanto riguarda il Consiglio, sul tavolo degli ambasciatori dei 27 Paesi Ue arriva venerdì 25 ottobre la richiesta di modifica di alcuni degli standard tecnici per la salvaguardia della vita umana in mare (o SOLAS, safety of life at sea) dell’Organizzazione marittima internazionale, in vista della prossima riunione di Londra del 13-22 maggio 2020.
Gli Stati membri chiedono una revisione del codice internazionale per le procedure antincendio per navi d’alto mare, nonché degli standard per i giubbotti salvavita. Quest’ultima richiesta nasce da un incidente del luglio 2017 in cui tre marinai sono annegati pur indossando giubbotti conformi alle normative SOLAS. Il gruppo investigativo che ha esaminato il caso ha appurato come i tre marinai non erano riusciti a liberare le vie aree dalla superficie dell’acqua. Un gruppo di ricerca ha stabilito che, durante il collaudo, non vengono valutati effetti negativi che diversi tipi di indumenti potrebbero avere sull’efficacia salvavita del giubbotto e hanno chiesto di modificare i test introducendo prove in acqua con abbigliamento standardizzato.
Gerardo Fortuna