02/03/15 – ISTITUZIONI & POLITICA – L’ambiente marino continua a degradarsi e le sue risorse a diminuire, ma l’unica attività a cui viene presentato il conto è la pesca, la più facile da accusare e a cui imporre vincoli e limiti crescenti.
Lo denuncia l’Alleanza Cooperative della Pesca, che rivolge un appello ai ministeri dell’Ambiente e delle Politiche Agricole affinché si attivino concretamente dando vita a uno stretto coordinamento sulla materia. ”Sarebbe molto più complicato monitorare l’industria che continua tranquillamente a scaricare nella rete fluviale, le navi carretta che lavano i serbatoi in mare o agli inquinamenti provocati dalle perdite da trivellazione – fa sapere l’Alleanza – più semplice, invece, accusare i pescatori, limitare le loro attività e mandarli a casa”. Per il mondo della cooperazione serve un approccio interdisciplinare alla gestione del mare che tenga conto di tutte le attività economiche che vi si svolgono (trasporto, estrazioni petrolifere/minerarie, turismo) e a terra; invece, l’unica cosa che si fa sono nuovi adempimenti, vincoli, controlli e limitazioni all’attività di pesca, senza capire perché le vongole in Adriatico continuano a morire al di sopra di una certa taglia, certi stock a diminuire come il pesce azzurro, fenomeni su cui la pesca c’entra poco o nulla, ma che provocano il fallimento di imprese e nuova disoccupazione.
(ANSA).