Con l’approvazione del Decreto “Salvamare” il Consiglio dei Ministri ha inteso modificare Art. 12 del DPR 8 Settembre 1997 relativo al recepimento della Direttiva 92-43-CEE del Consiglio altrimenti detto Direttiva Ambiente attraverso un regolamento, da adottarsi mediante decreto del Presidente della Repubblica, che modifica la disciplina relativa alla conservazione degli habitat naturali e semi-naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche. Il Regolamento prevede infatti che il Ministero possa derogare al diniego di introdurre specie non autoctone sul territorio nazionale sulla base di elementi emersi da studi i quali evidenzino l’assenza di effetti nocivi sull’ambiente e sulle specie autoctone.
Le normative fino ad ora in vigore possono essere riassunte come segue:
Art. 2 comma 1 DIRETTIVA 92 / 43 / CEE DEL CONSIGLIO del 21 maggio 1992 dichiara:
Scopo della presente Direttiva è contribuire a salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche nel territorio europeo degli Stati membri.
Art. 12 DPR 8 Settembre 1997 nel comma 3, relativo a Introduzioni e reintroduzioni:
L’introduzione di specie non locali può essere autorizzata secondo la procedura di cui al comma 2 qualora lo studio di cui al comma 1 assicuri che non venga arrecato alcun pregiudizio agli habitat naturali, né alla fauna, né alla flora selvatiche locali. Le valutazioni effettuate sono comunicate ai competenti organismi dell’Unione europea.
Allegato D
(previsto dall’art. 1, comma 1)
SPECIE ANIMALI E VEGETALI DI INTERESSE COMUNITARIO CHE RICHIEDONO UNA PROTEZIONE RIGOROSA. …
Letto quanto sopra in apparenza, sembra che la direzione presa sia in netto contrasto con quanto previsto fino ad ora dalla normativa vigente. Mi permetto di fare delle osservazioni al riguardo che credo e debbano portare ad una riflessione costruttiva in modo da poter sviluppare il giusto approccio per le decisioni future. Molte delle specie ittiche di acqua dolce autoctone di interesse, ad oggi risultano fortemente minacciate e la loro presenza spesso è confinata soltanto in determinati areali. Il notevole impatto antropico, la scarsa resilienza alle sollecitazioni ambientali hanno notevolmente limitato la diffusione di specie come la Salmo cettii o il Barbus tyberinus. (solo per citarne alcune presenti anche se in numero esiguo in Centro Italia)
Inoltre ad oggi In Italia sono presenti numerose specie non endemiche (o alloctone) ormai diffuse in pianta stabile nelle acque interne italiane che hanno formato popolazioni stanziali ormai da decenni. Queste nel corso del tempo hanno sostituito le specie originarie in quanto risultate più rustiche ed adattabili alle sollecitazioni e all’impatto antropico. Visto anche che spesso le popolazioni autoctone hanno dato origine a ibridi naturali con le nuove specie e quindi esemplari con il patrimonio genetico originario sono veramente in numero esiguo.
Quindi potremo ipotizzare che la modifica alla normativa, oltre ad andare nella direzione degli interessi anche per certi versi legittimi, di gruppi di Stakeholder come le Associazioni di pescatori FIPSAS, ed API (Associazione Piscicoltori Italiani), sembra andare nella direzione di una maggior tentativo di ripopolare le acque interne a prescindere dalla specie. Fermo restando le eventuali obiezioni a livello comunitario, e considerando infatti che comunque specie da tempo presenti nelle nostre acque interne hanno sostituito le specie endemiche perché più adattabili alle mutate caratteristiche ambientale e in minor modo sensibili alla presenza di inquinanti.
Inoltre il numero di esemplari di specie ittiche autoctone che ogni anno vengono rilasciati in natura a fini di ripopolamento risulta essere in numero troppo esiguo per poter incidere dal punto di vista biologico. Il discorso sarebbe radicalmente diverso in cui si decidesse di introdurre in modo deliberato specie esotiche (provenienti da contesti biologici completamente differenti), incompatibili con le popolazioni autoctone, come fatto in passato con il risultato esclusivamente di produrre effetti disastrosi.
Soltanto il tempo ci darà indicazioni se la decisione presa avrà gli effetti sperati o se al contrario avrà effetti funesti sulle già precarie condizioni della biodiversità ittica delle acque interne nazionali.
Dr. Pierluigi Monticini
Monticini Consulting