Il settore della pesca spagnolo se da un lato è sollevato per i tagli alle catture nelle acque del Regno Unito dopo l’accordo Brexit dello scorso 24 dicembre, dall’altro è preoccupato per le conseguenze che potrebbero verificarsi nel medio e lungo termine.
La Brexit ha sicuramente avuto un’impatto negativo su paesi come Irlanda, Danimarca, Paesi Bassi o Francia che, secondo i primi calcoli, da qui al 2026, potrebbero vedere i loro tagli sulla possibilità di pesca nelle acque del regno Unito tra il 25% e il 17%. con chissà quali conseguenze sull’equilibrio della pesca europea dopo il periodo di transizione di cinque anni e mezzo.
In sintesi ciò è quanto è stato comunicato da Javier Garat, segretario generale di Cepesca e presidente dell’associazione europea Europêche, a Luis Planas, ministro dell’agricoltura, della pesca e dell’alimentazione, in un incontro tenutosi ieri per analizzare l’accordo firmato tra l’Unione europea e il Regno Unito. In questo senso, Garat ha chiesto al ministro che la Spagna lavori per sostenere e difendere gli interessi del settore della pesca europeo nel medio e lungo termine, poiché se non c’è stabilità per il settore nel suo insieme, non ce ne sarà nemmeno uno per ciascuno dei paesi dell’UE, compresa la Spagna.
Secondo il settore della pesca spagnolo, sebbene a breve termine i tagli che interesseranno l’attività di pesca nelle acque britanniche siano inferiori a quelli gestiti durante i negoziati, il che ha comportato un sollievo per i pescatori, nel lungo periodo le conseguenze possono essere considerate preoccupanti a causa di alcune incognite fondamentali. Innanzitutto perché dopo il periodo di transizione di cinque anni e mezzo, le quote e l’accesso all’acqua dovranno essere negoziati annualmente, generando una notevole incertezza per le società di pesca. Questa incertezza non favorisce la pianificazione aziendale e quindi gli investimenti.
Allo stesso modo, e a seconda del settore, non si sa quali conseguenze avrà l’accordo sulla politica comune della pesca (PCP) e sulla stabilità relativa, cioè sulle chiavi di distribuzione delle quote tra i diversi Stati membri. Ugualmente, non è possibile sapere come influenzerà gli scambi di quote tra i diversi paesi, poiché, a partire dalla Brexit, tutti i paesi membri che pescano nelle acque del Regno Unito avranno meno quote da offrire. Infine, il settore è preoccupato per le conseguenze sulla gestione sostenibile dei 119 stock condivisi.
“Bisogna essere prudenti e tenere gli occhi sul nostro futuro”, ha sottolineato Javier Garat.
“È necessario continuare a lavorare con i nostri colleghi di altri paesi per difendere la pesca europea fino alle ultime conseguenze, come abbiamo fatto finora nell’ambito dell’Alleanza europea per la pesca (EUFA), e grazie alla quale, credo sinceramente, siamo stati in grado di alleviare i risultati di questi negoziati”, ha aggiunto Garat.
“È un peccato che le promesse della Commissione Europea, avallate nel mandato negoziale, siano cadute nel vuoto nelle ultime ore di trattativa e ora l’Ue ha la responsabilità di trovare formule per risarcire i pescatori”, ha concluso Garat.