Sernapesca, il servizio nazionale di pesca e acquacoltura del Cile, ha stimato che le transazioni che coinvolgono pesce e frutti di mare di provenienza illegale ammontano a circa 245 milioni di euro all’anno nel paese sudamericano.
Secondo alcuni dati forniti da Sernapesca sono state effettuate 200.000 ispezioni nel 2017, con la conseguente confisca di 2.238 tonnellate di risorse marine illegali. Ma, José Miguel Burgos, direttore di Sernapesca, ha chiarito che le confische effettuate rappresentano solo una piccola parte del totale di 320.000 tonnellate di risorse illegali movimentate ogni anno. Questo totale rappresenta oltre il 60 per cento in più della quota autorizzata per le specie bersaglio principali, che comprendono nasello, sardine, acciughe e alghe. Ma l’impatto maggiore è sull’abalone cileno: solo 2,7 tonnellate sono legalmente raccolte, mentre circa 1.000 tonnellate vengono estratte illegalmente ogni anno, mettendo a rischio la loro futura fornitura.
Le autorità cilene stanno spingendo per un disegno di legge che consentirebbe una maggiore flessibilità nella punizione dell’estrazione illegale e della vendita di risorse marine. Questo disegno di legge è stato introdotto e stabilirà pene più severe per coloro che partecipano al commercio illecito.
Burgos ha sottolineato che l’attività illecita è “tremendamente dannosa per i pescatori che pescano legalmente poiché, i prodotti illegali, possono competere con un prezzo inferiore e ingiusto”. Burgos ha anche espresso la preoccupazione circa le condizioni igieniche con le quali sono tenuti i prodotti di provenienza illegale che metterebebro i consumatori a serio rischio.