Il progetto Ghost, iniziato nello scorso 2013, è stato al centro di un confronto a Chioggia nella giornata del 27 febbraio tra le ricercatrici responsabili e gli operatori del settore pesca. L’iniziativa realizzata in collaborazione tra lo Iuav di Venezia, l’Istituto di scienze marine Ismar di Venezia e la società Laguna Project e altri partner, è stato diretto dall’Unione Europea e si concluderà a luglio di quest’anno. L’obiettivo è diffondere un codice di buone pratiche finalizzate a tamponare il fenomeno dell’abbandono o della perdita di reti, corde e attrezzature da pesca in genere in mare. La noncuranza rispetto alle reti, definite “fantasma” (dall’inglese ghost) hanno come esternalità negativa quella di inquinare le acque e continuare a catturare specie ittiche sia protette che commerciali., o anche rappresentare ostacoli alla navigazione. Le buone pratiche consistono nel non buttare le reti e segnalare a chi di competenza quelle abbandonate o anche marchiarle per renderle riconoscibili. Il dibattito tra le due fazioni di scienziati e operatori non è stato troppo fluido. Infatti, premettendo di non essere d’accordo con resoconto e dichiarazioni delle esperte, i pescatori hanno sollevato il problema del dove gettare le reti ormai usurate e inutili. “Non ci sono posti in cui depositarle” dicono “se le portiamo a terra ce le fanno riportare a bordo”. Tra le proposte per ovviare al problema, la creazione di un isoletta artificiale con contenitori che raccolgano tali rifiuti. Dopo aver concordato sull’esigenza di un luogo fisico dove lasciare le reti logore, si è convenuti all’unisono sul procedere passo dopo passo per un concreto orizzonte di raggiungimento degli obiettivi condivisi.
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