L’ Europa ha pensato alla ripresa post Covid prevedendo un intervento di 750 miliardi destinato al cosiddetto Rinascimento europeo. Il Next Generation EU si pone come una opportunità unica per i 27 Stati Membri e dunque per l’Italia, che può cogliere l’occasione non solo per superare le catastrofiche conseguenze della pandemia ma anche quelle problematiche strutturali che hanno contribuito al rallentamento della crescita economica negli ultimi decenni.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza delinea, per il nostro paese, una strategia che punta alla digitalizzazione e all’innovazione, transizione ecologica e inclusione sociale. Tali assi strategici si articolano in 6 missioni che rappresentano aree tematiche in cui inquadrare gli interventi. All’Italia sono stati destinati circa 200 miliardi di euro e, di questi, 2,5 serviranno alla ripresa del comparto primario italiano.
“Fin qui tutto liscio , tranne sottolineare il fatto che di pesca non si parli se non marginalmente: eppure la pesca, insieme naturalmente all’acquacoltura, costituisce un segmento estremamente importante del comparto agricolo e quindi dell’intero assetto economico del nostro paese. Le cosiddette missioni previste dal PNRR italiano possono costituire opportunità di ripresa ma anche di spunti nuovi anche per il settore ittico.
Perno del piano è la digitalizzazione e l’innovazione. Bene. La flotta italiana è ormai vetusta, va innovata e rinnovata, nei materiali e nelle attrezzature: si addiviene così ad una attività non solo performante e competitiva ma anche più sicura per gli addetti e garante della salute non solo dei pescatori ma anche del consumatore finale. Una pesca innovata e competitiva infatti assicura prodotto ittico di filiera sostenibile e tutta italiana, garantendo quella qualità che è tipica del Made in Italy.
Purtroppo però ci ritroviamo a fare in conti con un paradosso fuorviante e dannoso: per molti parlare di pesca performante equivale a parlare di aumento di sforzo di pesca e di danno per gli ecosistemi marini. Niente di più sbagliato: MSY, sforzo di pesca e sostenibilità vanno controllati e gestiti attraverso i dati scientifici, oggettivi, frutto di ricerca (altro punto cardine del PNNR). Vogliamo parlare della digitalizzazione? Abbiamo già dimenticato la capacità dei nostri pescatori di reinventarsi e di rivolgersi ai canali on line per la vendita di pesce durante il lockdown? Non meritano i nostri pescatori una piattaforma dedicata e nuovi sistemi digitali a bordo e per la sicurezza in mare e per una tracciabilità innovata del pescato? E la formazione? I nostri pescatori hanno esigenza di rinnovare la propria attività, la propria produttività, ma hanno anche bisogno di essere formati a questo. E le infrastrutture (da nuovi punti di sbarco e di smistamento a centri di raccolta rifiuti), soprattutto per la piccola pesca e lo sviluppo di comunità costiere che sono rimaste, per varie motivazioni, ancora indietro. Ritengo quanto mai opportuna l’istituzione di un fondo di mutualità ad hoc per la pesca: la pandemia come evento estremo, ma anche le mareggiate, le alluvioni ed altro, non così di rado mettono a rischio compromettendolo, il lavoro e dunque il reddito dei nostri operatori ittici.
Così come pensato in questo momento, il PNRR offre poche possibilità alla pesca e all’acquacoltura, rimaste ai margini di un sistema di interventi che davvero potevano assicurare un nuovo corso di sviluppo economico e una nuova valorizzazione del pescato.”
Così Gennaro Scognamiglio, presidente nazionale UNCI Agroalimentare.