La situazione dei rifiuti flottanti nel Mediterraneo appare sempre più preoccupante e il livello di guardia in termini di impatto ambientale è ormai allarmante: i sacchetti di plastica anche nel Mediterraneo formano un’isola.
Ne sanno qualcosa i pescatori che vi operano e che hanno ormai la funzione di operatori ecologici a titolo volontario e gratuito con il compito di raccogliere tutti i rifiuti anche quelli di plastica, che mettono in pericolo l’ecosistema marino e i delicati equilibri ambientali.
Qualche anno fa ci si immaginava che i pescatori avrebbero potuto anche guadagnarci. Ma ciò non sembra vista la nuova gabella che la Commissione Europea vuole affibbiare ai nostri pescatori.
La pubblicazione della recente proposta di revisione della direttiva sulla ricezione da parte dei porti dei rifiuti prodotti dalle navi, che abrogando la direttiva 2000/59/CE, modificando la direttiva 2009/16/CE e la direttiva 2010/65/UE, ha di fatto acceso i riflettori su una materia che nel tempo ha assunto sempre più contorni grotteschi. In effetti una tassa fissa per i cosiddetti rifiuti accidentali, che i nostri pescatori recuperano liberando di fatto l’ambiente marino, messo a serio rischio e con esso i pesci e gli altri animali marini.
La gestione dei rifiuti è fondamentale per il rispetto dell’ambiente, se essa viene effettuata in maniera corretta. La questione aperta sulla la raccolta accidentale di rifiuti da parte delle unità da pesca è sempre più di attualità. La nuova proposta mira sempre a proteggere l’ambiente marino mediante una riduzione degli scarichi a mare, dando un contributo agli obiettivi più ampi della “circular economy”; ma soprattutto mira ad agevolare le operazioni marittime mediante una riduzione degli oneri amministrativi.
L’azione a livello dell’UE si è resa necessaria per conseguire un’attuazione armonizzata della normativa concordata a livello internazionale (MARPOL) per affrontare il problema dell’inquinamento causato da navi; creare soprattutto parità di condizioni per i porti e di tutta l’utenza portuale al fine di aumentare la competitività del settore. Fin qui tutto chiaro e irreprensibile se, non ci fosse un ma…!! Le imbarcazioni da pesca che come già abbiamo ampiamente detto, recuperano accidentalmente rifiuti anziché produrli e di fatto li sottraggono al mare, come premio avranno una “tassa” in più?
Come bisogna considerare quei rifiuti che sempre più inquinano i nostri mari e che costituiscono anche un potenziale pericolo per gli organismi che vi vivono? La confusione legislativa è imperante da parte dei proponenti poiché se è vero che tutti i natanti che solcano le acque producano rifiuti ed è giustissimo fargli pagare la tassa di smaltimento dei rifiuti all’atto del conferimento è anche logico che vi sia una premialità per chi li recupera suo malgrado. Ma non si capisce perché la tassa la debba pagare anche chi quei rifiuti non li ha prodotti ma solo raccolti e quindi, con un comportamento da considerare meritorio, contribuito a liberare dall’inquinamento il mare.
L’ESPO, associazione dei porti europei, ha accolto in linea di principio la nuova proposta ritenendo che le disposizioni porteranno ad una migliore applicazione dell’obbligo per le navi di consegnare i rifiuti negli impianti portuali dedicati. Sono favorevoli all’allineamento delle specificità della direttiva con la Convenzione Internazionale per la prevenzione dell’inquinamento causato da navi (MARPOL).
In particolare, l’ESPO ritiene che affrontare i rifiuti dalle navi da pesca (reti da pesca) e dalle imbarcazioni da diporto porterà ad una politica più ampia per affrontare il problema dell’inquinamento marino. È proprio questo il paradosso, pensare cioè che natanti da pesca e imbarcazioni da diporto “producano” rifiuti con le stesse modalità e della stessa tipologia. Con il sistema tariffario attuale le navi pagano una tariffa minima fissa al porto scalato.
La proposta della Commissione è ormai in fase di iter legislativo per l’approvazione ed il nostro Ministero dell’Ambiente si accinge a fare delle controdeduzione anche in materia di pesca prima del passaggio al Trilogo Europa.
Bisognerebbe quindi:
– Far riflettere i nostri parlamentari Europei, i Commissari e il Consiglio sull’azione che svolgono in questo senso i pescherecci, visto che per quanto riguarda i rifiuti del naviglio da pesca non ci sono dati attendibili, né statistiche che possano dire o dare un risultato certo sui rifiuti accidentali
– Riconsiderare il ruolo dei pescatori. In fatto di rifiuti in mare, è un po’ come se noi stessi se, nel raccogliere una cartaccia da terra, o una bottiglia di plastica in un bosco, all’atto del conferimento in un cassonetto venissimo multati.
– Riconoscere che oggi i pescatori, si ritrovano ad essere di fatto gli unici “spazzini” del mare e, senza se e senza ma svolgono questo compito non accreditato, loro che nel tempo hanno acquisito sempre maggiore coscienza ambientale e adottato pratiche responsabili, passando dal ruolo di predatori a quello di “guardiani” del mare…
Ci viene da dire “dopo il danno la beffa”, ovvero dopo le grandi “saccate” di immondizia che si trovano a raccogliere nelle reti ora devono anche pagare per sbarcarla. Ormai la misura è colma!
Così UNCI Agroalimentare in merito alla questione dei rifiuti accidentali.