Una ZEE, tecnicamente, garantisce fondamentali priorità al Paese che la proclami, ai sensi della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS) firmata a Montego Bay il 10 dicembre 1982.
Tale convenzione agli Stati assegna come “diritto naturale” e non richiedente proclamazioni di alcun tipo, la possibilità di sfruttare le risorse economiche della piattaforma continentale, ovvero la parte di territorio in continuità con il profilo geologico nazionale che si trovi sotto i fondali marini, mentre nel titolo V garantisce agli Stati la possibilità di proclamare ZEE entro e non oltre le 200 miglia dalla costa.
Lo Stato in questione beneficia del controllo dei diritti di pesca e deve in ogni caso concedere agli Stati terzi la garanzia della libertà di navigazione e di sorvolo e di posare cavi sottomarini all’interno della ZEE.
È anche vero che creando dei limiti si perdono zone di mare dove si può pescare liberamente, ricordiamo che il Pesce negli ultimi anni si sta allontanando dalle nostre coste spostandosi sempre si più nelle coste frontiste, i report parlano chiaro, quindi aumentare il limite delle acque territoriali di stato potrebbe essere un serio problema per la filiera ittica nazionale.
Ovviamente chi avrà più forza ai tavoli avrà più spazio acqueo e allargherà al massimo le acque territoriali. Non credo che l’Italia abbia forza e potere in questo senso e neppure che il mondo della pesca abbia da festeggiare.