In occasione della 28° Assemblea Generale delle Associazioni europee dei trasformatori ed importatori di pesce (AIPCE-CEP), la FAO parla di una grande sfida all’insegna della sostenibilità per la protezione della vita sott’acqua. Il consumo di pesce nel mondo è in crescita: nel 2017 sono stati stimati oltre 20 kg annui a testa. In Europa la media è di circa 25 chili. E in Italia il consumo è di 28,4 Kg pro capite (+2% sull’anno precedente). Ma per sostenere la domanda e far fronte al mercato è necessario importare dall’estero le materie prime. La sfida per l’Industria ittica nel futuro? Incrementare la disponibilità di materia prima in Europa, per soddisfare la richiesta del consumatore e salvaguardare posti di lavoro.
Il 21 novembre si celebra la Giornata mondiale della pesca, e i produttori europei fanno il punto sullo scenario, sui consumi di pesce, sul mercato dei prodotti ittici trasformati, in costante crescita tanto da diventare il più importante al mondo, e sulle prospettive di sviluppo anche in termini di filiera.
Negli ultimi anni, in Italia così come nel resto del mondo, il consumo di pesce è aumentato, grazie anche alle raccomandazioni della comunità scientifica che gli riconosce grandi proprietà nutrizionali. Per il 2017 la FAO ha stimato un consumo globale di pesce di 153 milioni di tonnellate: 67 milioni di tonnellate sono i consumi di pesce fresco o refrigerato, 44 milioni di tonnellate quello surgelato e 19 milioni per quello conservato, con oltre 20 kg annui di consumo pro capite (Rapporto FAO, 2018). E secondo le previsioni, i numeri tenderanno a crescere di 31milioni di tonnellate entro il 2025. L’Europa fa da traino, con un consumo medio di 25 chili di pesce pro capite all’anno.
L’UE è il principale attore commerciale mondiale, con 500 milioni di consumatori ed un valore di mercato di 55 miliardi di euro. L’industria di trasformazione rappresenta il 35% dell’industria europea del pesce in termini di occupazione e il 44% come valore. È quanto emerso nel corso della 28° edizione dell’Assemblea Generale delle Associazioni europee dei trasformatori ed importatori di pesce quest’anno tenutasi a Roma, che ha ospitato il Convegno “Prospettive e nuove sfide per l’industria europea di trasformazione ittica”, organizzato in collaborazione con ANCIT (Associazione Nazionale Conservieri Ittici e delle Tonnare) e AIIPA (Associazione Italiana Industrie Alimentari): “Dobbiamo considerare che oggi il mercato sta crescendo e abbiamo una sfida, quella di incrementare la materia prima in Europa – afferma Guus Pastoor, Presidente AIPCE – Penso che l’industria del pesce abbia delle ottime prospettive perché risponde alla crescente richiesta di cibo nel mondo, è salutare, è conveniente e rispecchia gli stili di vita moderni. Pertanto, anche l’industria di trasformazione Europea, operando a livello globale, deve essere innovativa e competitiva per garantire l’approvvigionamento di pesce sul mercato”.
Italia al 1° posto per consumi pro capite, merito anche delle conserve e dei surgelati
Con oltre 28 chili pro capite all’anno, l’Italia si piazza al 1° posto tra i Paesi membri dell’Unione Europea. Merito anche dell’accessibilità di tonno in scatola e altre conserve ittiche e dei prodotti surgelati. Il solo tonno in scatola, infatti, in Italia ha registrato nel 2017 un valore di 1,3 miliardi di euro (dati ANCIT), con una produzione nazionale di 75.800 tonnellate e un consumo di 155.000 tonnellate (+3% rispetto al 2016) pari a circa 2,5 kg pro capite. “In Italia, l’importanza del mercato delle conserve ittiche è un riferimento per tutto il settore – afferma Simone Legnani, Presidente ANCIT – I consumatori totali di tonno in scatola sono il 94% della popolazione e quasi 1 italiano su 2 (43%) lo mangia ogni settimana, soprattutto perché è facile, veloce da preparare e versatile. Ma anche in virtù dei suoi valori nutrizionali”.
Il segmento dei surgelati rappresenta il 17% dei consumi con 113.400 tonnellate (+5% rispetto al 2016 – dati IIAS), con un valore complessivo tra i 4,2 e i 4,5 miliardi di euro. “Secondo i dati ISMEA, gli italiani mangiano pesce surgelato 1 volta su 5. Un trend, questo, che si attesta in continua crescita. Il pesce surgelato – spiega Vittorio Gagliardi, Presidente IIAS – ha le stesse proprietà nutrizionali di quello fresco, perché viene scrupolosamente rispettata la catena del freddo, mantenendo sempre il prodotto a una temperatura di -18 °C durante tutto il suo iter, dal confezionamento alla tavola”.

La nutrizionista: “Proteine, vitamine, omega 3, tanti vantaggi in un unico alimento”
“Il pesce si può considerare un alimento quasi perfetto – sostiene Elisabetta Bernardi, nutrizionista e docente all’Università di Bari – per l’apporto nutrizionale in termini di proteine di ottima qualità, di amminoacidi essenziali che non siamo in grado di produrre e dobbiamo assumere con gli alimenti, di vitamine e minerali. Inoltre, rappresenta la fonte principale di Omega 3 a catena lunga, che il nostro organismo utilizza per numerosissime funzioni legate al nostro benessere”. Il pesce apporta anche altri nutrienti come la vitamina D, e le vitamine del gruppo B, in particolare B6 e B12, riboflavina e folati, oltre a minerali come lo iodio, il selenio e il fluoro. Il pesce ha la più alta efficienza proteico calorica (Proteine/Kcal*100), vale a dire che per porzione apporta una quota elevata di proteine di ottima qualità ma con un ridotto apporto calorico, “un vantaggio notevole in termini di prevenzione del sovrappeso e dell’obesità”.
La necessità di importare il pesce per soddisfare la richiesta interna
I consumi e la richiesta mondiale di pesce crescono ma, al contempo, abbiamo assistito anche ad una diminuzione dell’autosufficienza dell’UE (rapporto tra produzione interna e consumo apparente) che è passata dal 47,4% al 46,0%. Pertanto, una parte più consistente dei prodotti ittici consumati nell’Ue deriva da importazioni provenienti da Paesi Terzi. Le industrie europee di trasformazione, per far fronte alla richiesta del mercato, hanno bisogno di importare dall’estero le materie prime.
La sfida globale? una questione di sostenibilità
La pesca dà lavoro e sostentamento a più del 10% della popolazione lavorativa globale, sono circa 800 milioni le persone in tutto il mondo che dipendono dalla pesca, come fonte di reddito e approvvigionamento. E il 97% di questi 800 milioni vive in Paesi in via di sviluppo. Ma per poter conservare o incrementare questo stato è necessario conservare e utilizzare in modo sostenibile gli oceani, i mari e le risorse marine. “La sostenibilità ha diverse facce e dimensioni, a livello biologico, economico e sociale – conclude Audun Lem, Vice Direttore della FAO della Divisione Politica e Economia nel Dipartimento Pesca e Acquacoltura – e abbiamo il dovere di proteggerle tutte. Abbiamo molti strumenti e possibilità per farlo, ma è necessaria una cooperazione internazionale, ricorrendo a certificazioni, controlli, pratiche migliori di pesca, con licenze e regolamentazioni, che rispondano tutte alla protezione della vita sott’acqua, tra i principali Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite (SDG – Sustainable Development Goals)”.