Il ministro dell’agricoltura francese Didier Guillaume ha messo in guardia l’appena insediato primo ministro britannico Boris Johnson dal chiudere le acque territoriali del Regno Unito ai pescatori francesi in caso di Brexit senza accordo.
Nel corso dei negoziati con la Commissione, la pesca ha rappresentato una delle poche frecce nell’arco del governo britannico. Le relazioni tra Regno Unito e Stati Ue a livello di catture e pescosità delle acque sono infatti sbilanciate a favore di Londra. Le imbarcazioni europee pescano a largo delle coste della Gran Bretagna sei volte più di quanto facciano i pescherecci britannici in acque di Paesi Ue.
“È possibile che con Boris Johnson possa esserci una hard Brexit,” ha detto Guillame in un’intervista alla tv Cnews. “Non esiste uno scenario in cui Johnson possa impedire ai pescatori francesi di pescare nelle acque britanniche,” ha aggiunto il ministro, “e continuerò a dire alla Gran Bretagna che ai nostri pescatori deve essere permesso di continuare a pescare nelle sue acque.”
L’accordo negoziato dal team di Michel Barnier e dal governo uscente di Theresa May prevederebbe un periodo transitorio della durata di 21 mesi durante il quale il Regno Unito sarebbe trattato sostanzialmente come uno degli altri Stati membri. Sarebbero dunque rispettati anche gli obblighi reciproci relativi all’applicazione della Politica comune della pesca (PCP), che invece cesserebbero immediatamente in caso di hard Brexit.
L’accesso alle acque britanniche è sempre stato prioritario per il governo francese, tanto che durante il Consiglio europeo dello scorso novembre, il presidente Emmanuel Macron aveva minacciato di intrappolare il Regno Unito in un’unione doganale se non avessero concesso ai pescatori europei di operare nei loro mari. Solo nel porto di Guilvinec, terzo mercato ittico di Francia, un terzo delle 160 tonnellate vendute proviene dalle acque britanniche, si legge sul Sunday Times di questa settimana. Proprio la scorsa estate, la tensione tra pescatori francesi e britannici era sfociata in uno scontro tra imbarcazioni a largo della Normandia, rinominato battaglia delle capesante
Per alcuni stock lo sbilanciamento a sfavore degli Stati membri Ue è ancora più marcato. Si stima ad esempio che il 90% delle aringhe danesi e olandesi siano pescate in acque britanniche. La Brexit mette dunque a rischio anche uno dei piatti tipici della tradizione olandese, le Hollandse nieuwe, aringhe in salamoia servite generalmente con pane e cipolle e riconosciute anche dall’Ue tra le specialità tradizionali garantite.
Il settore della pesca inglese è sempre stato tra i più critici rispetto all’appartenenza del Regno Unito all’Ue, che avrebbe ridotto le potenzialità della filiera con l’introduzione del meccanismo delle quote e complicato burocraticamente l’intero sistema con la registrazione delle catture. In precedenza, Boris Johnson aveva annunciato che in caso di riduzione della partecipazione britannica al mercato unico, si sarebbe potuto fare benissimo a meno sia del capitolo sociale che della Politica comune della pesca (PCP).
La dipendenza europea ha, tuttavia, un’altra faccia della medaglia. Circa il 75% del pesce catturato nel Regno Unito è, infatti, esportato soprattutto verso il continente. E in assenza di Brexit senza accordo, i prodotti venduti dai pescatori britannici sarebbero soggetti alle tariffe del WTO, dal 2% sul salmone atlantico fino al 20% sullo sgombro surgelato.
Gerardo Fortuna