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Home Pesca

Di Crescenzo. Acquaponica versus Burian

Mariella Ballatore by Mariella Ballatore
9 Marzo 2018
in Pesca
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Il Burian della scorsa settimana è passato lasciando strade dissestate, raccolti danneggiati o persi e cumuli di neve sporca in procinto di sciogliersi. Camminando quasi non si riesce a credere che pochi giorni fa fosse tutto coperto di un candido bianco. 

È stata una settimana irreale, soprattutto per chi come me vive in prossimità del mare. D’altro canto non potevo fare a meno di associare simili condizioni climatiche e basse temperature agli eventuali danni collaterali alle carpe koi e ai gamberi turchi che stanno negli impianti di acquaponica sul tetto di casa.

Mi preoccupava che non sopravvivessero a quella situazione, dopo averli allevati durante gli scorsi 8 mesi. Ancor più che alla fine dell’ottobre scorso ero riuscito nel goal prefissato di far deporre le femmine di gambero turco in soli 10 cm. di acqua e ospitate sul fondo di una piscina – adibita da me a impianto acquaponico specifico per l’allevamento dei gamberi – posizionata su una terrazza al quinto pianto del condominio in cui vivo. L’istinto delle femmine da quel momento in poi è stato di ripararsi all’interno dei loro rifugi artificiali e proteggere le uova fecondate sotto il loro ampio addome. Ma non potevo far altro che assistere agli sviluppi della situazione e lasciare che questo evento climatico fuori dall’ordinario mettesse alla prova la resilienza dei miei impianti. Alla fin fine è stata la ragione principale che mi ha spinto a costruirli in quella posizione così particolare. Così, le uniche cose che ho potuto fare quella settimana per limitare degli eventuali danni è stato:

• introdurre nelle vasche degli animali dei termoriscaldatori da 300 W;

• far circolare l’acqua 15 minuti ogni ora per omogenizzare la sua temperatura nelle vasche

• spalare la neve che si era accumulata sui teli che avevo disposto all’inizio dell’inverno a mo’ di mini-serre per consentire alla luce di raggiungere le piante e per ridurre il peso sul sistema.

• Riparare tutta l’attrezzatura elettrica dall’umidità e dal freddo, in qualche caso utilizzando, anzi riciclando, bustine in plastica semirigida che si sono rivelate eccezionali per la protezione contro la neve.

In nessun altro modo avrei potuto verificare la solidità, resistenza e capacità termica dei miei impianti acquaponici “rooftop”.
Gli impianti acquaponici sono costituiti da:

• Due moduli collegati idraulicamente che ospitano nelle vasche carpe koi, pesci rossi ed un paio di gamberi rossi di acqua dolce. Nei letti di crescita sono invece coltivate verdure da orto piantate nell’argilla espansa, popolata da batteri benefici che trasformano gli scarti e dei pesci in nutrienti per le piante.

• Una piscina di 6 metri quadrati dotata di sistema acquaponico ibrido indipendente che ospita una colonia di gamberi turchi di acqua dolce con femmine ovigere. Internamente è divisa da una rete in due settori: uno per i gamberi turchi, mentre nell’altro c’è un letto di crescita che funge da filtro biologico e delle zattere galleggianti che vengono utilizzate come semenzaio.

L’impatto di una settimana di nevicate è stato minimo, anche perché come sottolineato in precedenza avevo predisposto gli impianti perché dovessero sostenere qualunque evento climatico estremo. Si può ben intuire quindi che la prevenzione è stata la chiave di volta per ridurre il rischio di dover trasferire gli animali in tutta fretta in strutture arrangiate, che avrebbero potuto comunque comportare un innalzamento del loro tasso di mortalità. Infatti, tutte le vasche erano rivestite di materiale isolante, fogli spessi di polistirolo compatto e teli in pvc nel caso della piscina. Mentre tutti i letti di crescita erano coperti con uno spesso telo in plastica trasparente, resistente ai raggi UV, saldamente ancorato al pavimento utilizzando corde e mattonelle sovrapposte come ancore. D’altra parte, la stessa neve accumulandosi sui lati esterni della piscina ha contribuito a isolarla termicamente, grazie all’effetto che io chiamo “igloo”.

Con questi accorgimenti e facendo prevenzione le perdite di animali e di piante sono risultate essere uguali a…zero. Un risultato che mi ha piacevolmente sorpreso in quanto mi aspettavo di dover estrarre dai sistemi di allevamento qualche cadavere a causa delle temperature siberiane raggiunte in particolare durante la notte. L’alimentazione degli animali è stata ridotta tenendo conto della diminuzione drastica del metabolismo degli animali e dei batteri del substrato. Ciò ha permesso di poter controllare il livello dei nitriti nell’acqua evitando pericolose intossicazioni e quindi mantenendo la qualità dell’acqua necessaria al benessere animale. In conclusione ho avuto la conferma con mia grande soddisfazione che l’architettura funzionale e l’uso di materiali anche economici per la costruzione degli impianti di Acquaponica permettono a chiunque di usufruire di questa soluzione resiliente al cambiamento climatico con un investimento iniziale ragionevole.

Le informazioni raccolte attraverso queste esperienze vanno ad arricchire quelle ottenute l’estate scorsa, in cui l’Italia è stata colpita da una forte siccità e le temperature hanno raggiunto addirittura i 40 gradi centigradi.

I dati verificati nell’arco di questi 10 mesi di coltivazione all’aperto in Aquaponica e che sono stati caratterizzati da tutte queste anomalie climatiche, sono a riprova dell’efficienza e della sostenibilità economica del sistema per far fronte alla sfida della produzione alimentare della nostra epoca.

Questa tecnologia ecosostenibile, date le sue caratteristiche peculiari, si presta ad essere una delle opzioni principali in alternativa all’acquacoltura e all’agricoltura convenzionale per una produzione alimentare a km 0 nei centri urbani, sfruttando i tetti delle abitazioni, degli uffici e dei supermercati (come già avviene in alcune nazioni europee).

Il futuro è verde-blu ed è dato da una produzione più sostenibile che impiega meno risorse per produrre più pesci e verdure, senza aggravare l’impatto delle attività umane sull’ambiente e soprattutto garantendo ai produttori l’autonomia e l’indipendenza da fattori esogeni sempre più difficili da prevedere.

Oggi progetti come “My Rivendell”, il Centro di training in Acquaponica a cui sto collaborando, sono portati avanti per offrire soluzioni pratiche a tutti coloro che desiderano avviare un processo di riconversione non solo produttiva ma anche culturale ed essere pionieri di questa rivoluzione produttiva.

Davide Di Crescenzo

Tags: acquaponica
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Co-founder e Direttrice di redazione. Pubblicista dal 2006 racconta il mondo da oltre un trentennio attraverso giornali, televisione e radio. Come conoscitrice del settore pesca e acquacoltura è stata più volte invitata a moderare e relazionare in convegni organizzati tra gli altri dalla Conferenza Episcopale Italiana – Ufficio nazionale dell’Apostolato del Mare, AquaFarm, Blue Sea Land.

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