Qual è lo stato di salute delle realtà da voi rappresentato?
Come Associazione nazionale AGCI Agrital rappresenta imbarcazioni operanti in tutti i sistemi di cattura che sono colpiti dall’attuale emergenza in misura diversa per la forte riduzione della domanda dovuta alla chiusura dei ristoranti, delle mense, dei mercati rionali e del netto cambiamento delle scelte di acquisto da parte dei consumatori. Anche all’interno dello stesso “mestiere” si rilevano poi importanti diversità tra una marineria e l’altra, in funzione dei circuiti commerciali esistenti e delle possibilità e capacità delle singole imprese di sviluppare soluzioni alternative. Con la chiusura di molti mercati ittici e del circuito Horeca lo strascico è certamente quello che ha risentito di più della forte contrazione della domanda, mentre la piccola pesca, grazie alla vendita diretta ed al circuito delle pescherie ha in molti casi continuato a lavorare discretamente. Ma anche all’interno dello strascico si è visto che mentre alcune marinerie si sono completamente fermate, altre hanno continuato a pescare seppure a scartamento ridotto in funzione della domanda residua, uscendo in mare pochi giorni a settimana e alternandosi tra pescherecci, così che tutti potessero lavorare. Altri si sono attrezzati collegandosi con piattaforme di vendita online, che stanno funzionando sempre meglio. Insomma, in un panorama così variegato si va dall’impresa completamente ferma a quelle che sono riuscite a limitare i danni con diminuzioni stimabili dell’attività tra il 40 e il 70%. Ci sono poi comparti, come quello della mitilicoltura costretto ad esitare il prodotto nelle prossime settimane, dove il picco della crisi non è ancora arrivato.
Quali stime siete in grado di fare oggi circa le aziende che resisteranno?
Le stime variano, come dicevo, a seconda dei mestieri e delle marinerie, ma anche in funzione dei tempi della ripresa che dipende ovviamente dall’andamento del contagio nella cosiddetta fase 2. Se sarà confermata la riapertura dei ristoranti all’inizio di Giugno (seppure con le limitazioni imposte dalle misure di sicurezza anti-contagio), con la riattivazione del circuito Horeca si potranno limitare i danni dell’esercizio 2020, ma ancora sono molte le incognite da affrontare: dagli indennizzi alle imprese per le giornate di sospensione dell’attività, alla effettuazione del fermo estivo, ai pagamenti da parte della PA dei fermi degli anni passati, ma l’incognita più grande rimane quella dei tempi della ripresa della domanda. È chiaro che il grado di resistenza dipende anche dalla dimensione dell’impresa, dalla sua flessibilità e dalla sua capacità di fare fronte alla crisi attraverso il ricorso al credito. Il sistema bancario non è mai stato particolarmente benevolo nei confronti delle imprese di pesca ed anche il sistema di garanzie messo in campo dal Governo non ha cambiato le cose anche se le garanzie Ismea potrebbero migliorare il quadro. In conclusione, le variabili sono talmente tante che qualsiasi stima rischia di essere molto poco affidabile. Una cosa è certa: al prossimo bando europeo per le demolizioni dei pescherecci saranno in molti a fare domanda, con un ulteriore sensibile riduzione della flotta italiana e nuova disoccupazione.
Pesce fresco nei locali in riva al mare, sagre e turismo gastronomico. Per la stagione in vista, il ridimensionamento dell’afflusso turistico ricadrà sul settore, come vi state preparando all’impatto?
Lo scenario non facile della prossima stagione estiva nel settore ittico deve fare i conti con due fattori principali: l’assoluta incertezza del flusso turistico (con la forte probabilità che sagre e manifestazioni varie rimarranno vietate) e, salvo rare eccezioni locali, la frammentazione della filiera ittica italiana.
Il primo fattore rende qualsiasi preparazione piuttosto ardua. Per il momento, al di là delle innovazioni in campo commerciale (vendite online del prodotto fresco) e della regolazione dello sforzo di pesca in funzione della domanda che si registra in qualche marineria, non fervono particolari iniziative. La vendita diretta e la ristorazione gestita direttamente dalle cooperative di pesca rimarranno certamente elementi vincenti di ripresa, seppure in scala ridotta e con le limitazioni della clientela imposte dalle norme anti-contagio. Ma è chiaro che sono iniziative che richiedono investimenti che se non già effettuati difficilmente troveranno condizioni di fattibilità nell’attuale emergenza.
La frammentazione della filiera ittica italiana rimane comunque un fattore fortemente limitante: la netta separazione tra le imprese di cattura in mare e la filiera a terra continua a dominare lo scenario, con una scarsa diversificazione delle attività di pesca verso gli anelli successivi dove la catena del valore esprime numeri più interessanti: commercializzazione (GDO e dettaglio), trasformazione, ristorazione. I pochi esempi di questa diversificazione sono di successo ed indicano che è quella la strada per la crescita ed il consolidamento delle imprese.
Oggi è in grado di prepararsi all’impatto della crisi l’impresa di pesca che “gioca” su diversi anelli della catena ed ha sbocchi commerciali non dipendenti esclusivamente dall’andamento della domanda locale. La stragrande maggioranza delle imprese di pesca italiane sono purtroppo medio-piccole, sicuramente non in grado di affrontare nuove scelte imprenditoriali in questa direzione, tantomeno in una fase di crisi generalizzata di liquidità. Nei mercati poi si registrano cambiamenti sensibili dei modelli di consumo e nella GDO le importazioni ed il prodotto di acquacoltura (per fortuna anche nazionale) stanno soddisfacendo importanti quote di domanda.
Quello che sta accadendo ci deve però far riflettere su modelli di sviluppo e politiche di sostegno maggiormente mirate a superare questi fattori limitanti attraverso misure ed incentivi finalizzati ad un cambiamento strutturale del sistema pesca italiano finora troppo conservativo, in cui anche i livelli di maggiore efficienza organizzativa come le OP stentano a diffondersi.
Lo Stato e l’UE come intervengono in aiuto della categoria? Cos’altro si potrebbe fare?
Nei provvedimenti del Governo e della UE la pesca italiana ha ottenuto molto per fare fronte alla emergenza in corso, dalla cassa integrazione in deroga per i lavoratori imbarcati (ammortizzatore sociale mai consolidato nel settore) alle indennità per le imprese previste nell’art. 78 del Decreto “Cura Italia” ormai convertito in Legge estese anche alla piccola pesca e alle acque interne, alle garanzie dello Stato per l’accesso al credito. Ci sono poi le modifiche del FEAMP che hanno reso finanziabile indennizzi per la sospensione delle attività per l’emergenza Covid-19 per la pesca e l’acquacoltura, fondi di mutualizzazione, aiuti al magazzinaggio e l’ammasso temporaneo dei prodotti ittici per le OP, il tutto con maggiore flessibilità attraverso la rimodulazione del Programma Operativo Nazionale (e dei PO regionali) con procedure semplificate.
Nonostante questa impressionante serie di misure basta parlare con qualsiasi impresa del settore per capire che molto (troppo) ancora non va: in attesa delle garanzie Ismea le banche ancora non concedono agevolmente nuovi crediti alle imprese, la Legge Cura Italia sarà applicabile nel settore solo attraverso un Decreto Ministeriale applicativo che detterà anche i criteri ad oggi sconosciuti con cui saranno riconosciuti gli indennizzi alle imbarcazioni che hanno sospeso le attività; nulla si sa di quanto andrà alla pesca marittima e nelle acque interne, all’acquacoltura e all’agricoltura dei famosi 100 milioni di cui all’art. 78, e nulla si sa delle procedure burocratico-amministrative con cui tali indennità saranno erogate. Se per questa procedura saranno per es. scelti gli stessi criteri del FEAMP (con 2 livelli di controllo e condizionalità) è forte il rischio di non vederli mai, anche considerato che attualmente la stessa procedura dovrebbe passare per l’intesa Stato-Regioni con ulteriore allungamento dei tempi (per fortuna è rimasta in piedi la modifica delle procedure antimafia per l’erogazione di somme inferiori a 150.000 Euro). Se poi non verrà derogata per quest’anno la norma che impone l’impegno o erogazione dei fondi nell’esercizio finanziario di competenza pena la perdita dei residui non spesi al 31/12/2020 (deroga che era passata al Senato sotto il nome di “salvaguardia delle risorse stanziate in capitolo di bilancio”, e addirittura “bollinata” ma poi misteriosamente scomparsa nel passaggio alla Camera), il rischio di non vedere gli indennizzi diverrà certezza.
E le opportunità offerte dalla modifica del FEAMP ex Reg. (UE) 2020/560? Per queste bisognerà passare per la modifica del Piano Operativo Nazionale di cui sopra, che dovrà comunque aspettare l’intesa della conferenza Stato-Regioni per le modalità e le procedure per la riprogrammazione delle risorse previste dal FEAMP. In questo occorrerà poi vedere se le Regioni che non hanno speso granché e che rischiano di dover restituire a Bruxelles ingenti fondi, saranno disposte a centralizzare questi sul MIPAAF per una gestione equilibrata in scala nazionale. Se ciò non avverrà le Regioni virtuose che hanno speso molto non avranno risorse per indennizzare le imprese del loro territorio, mentre le altre perderanno i fondi non spesi.
Tutta questa indeterminatezza e confusione dovrebbe essere oggetto di una frenetica attività di elaborazione in sede MIPAAF e di collegato confronto con la categoria nel sistema consultivo a cui partecipano le Associazioni nazionali riconosciute quali attrici dei Piani Triennali, ma questa elaborazione ed interlocuzione non sta avvenendo perché il Direttore Generale della Pesca e dell’acquacoltura, competente per le misure di gestione, non è al momento nel pieno dei suoi poteri a causa di lungaggini burocratiche. Quindi tutte le mirabolanti misure ottenute dalla pesca per l’emergenza rischiano di rimanere lettera morta.
AGCI Agrital, insieme alle altre Associazioni nazionali che compongono l’Alleanza delle Cooperative Italiane del settore pesca, negli ultimi due mesi ha letteralmente tempestato il “palazzo” di lettere in cui abbiamo avanzato proposte, ipotesi di lavoro, segnalato problemi, presentato istanze. In diversi casi siamo stati ascoltati, ma quando si è trattato di affrontare gli aspetti applicativi e gestionali delle misure, non abbiamo più trovato interlocutori. Stiamo attualmente aspettando che per questi aspetti, al di là della generica disponibilità dichiarata, si possa procedere urgentemente con i necessari approfondimenti e consultazioni per poter individuare le soluzioni appropriate ed attivare procedure rapide che portino a benefici concreti.
Cos’altro si potrebbe fare? Detto in poche parole assumere nella emergenza misure di semplificazione estrema della burocrazia ed abbreviare le procedure, risolvere il problema della Direzione Generale della Pesca del MIPAAf, a partire dal Direttore Generale fino ad una iniezione di organico che consenta di accelerare la istruttoria delle domande, a partire da quelle di pagamento dei fermi 2018 e 2019 che aspettano ancora di essere erogate alle imprese.
Quando e come sarà possibile uscire dalla crisi?
Per rispondere a questa domanda occorrerebbe una bella palla di vetro in cui leggere quando sarà sconfitto il Covid-19 attraverso un vaccino. Su come ne uscirà il settore e l’economia italiana dipenderà da quanto tempo dovremo passare nelle attuali condizioni e da quanto e come le misure di sostegno saranno tradotte nella realtà. Se ne usciremo in termini e condizioni accettabili dipenderà poi dal settore ristrutturarsi per il futuro, tenendo conto della lezione imparata da questa crisi.