Qual è lo stato di salute delle realtà da voi rappresentate?
Gli imprenditori della pesca vivono una forte compressione della loro competitività relativa per effetto diretto delle politiche comunitarie volte alla sostenibilità dello sfruttamento degli stock naturali, in presenza di altrettante attività economiche poste in essere da flotte di Paesi terzi che pure concorrono commercialmente sugli stessi mercati. Questa condizione si protrae ormai da tempo, determinando l’inefficienza economica delle imprese con conseguente crisi di liquidità, fronteggiata dalle aziende attraverso il ricorso all’indebitamento mediante affidamenti bancari, particolarmente onerosi ed insostenibili nel medio termine. Una situazione recentemente aggravatasi per l’emergenza sanitaria che ha colpito direttamente l’ho.re.ca., penalizzando a ritroso anche il comparto produttivo.
Infatti, non è difficile immaginare come le difficoltà del settore alberghiero e della ristorazione e la riduzione dei consumi abbia effetti a monte anche sul comparto produttivo della filiera ittica e, in particolar modo, sulle imprese di pesca. A ciò si aggiunge un’oggettiva difficoltà che rischia di portare al fallimento molte imprese.
La pesca, come l’agricoltura e l’industria alimentare, è stata chiamata a garantire la continuità produttiva per adempiere al ruolo fondamentale di approvvigionare i mercati con un alimento insostituibile, quale è il prodotto ittico. Ma è evidente che i mercati mostrano instabilità e disfunzionalità che scaturiscono proprio dall’incertezza, dalle restrizioni nella mobilità, dall’impatto dell’emergenza sulle situazioni reddituali dei consumatori. La pesca italiana sta adattando responsabilmente la propria operatività attraverso una modulazione delle uscite in mare e del conferimento del pescato ai mercati, proprio per andare incontro alle esigenze dei consumatori, anche a costo di pesanti condizionamenti aziendali. Ma una situazione eccezionale, non prevista e non prevedibile, non derivata da responsabilità di alcuno, deve essere affrontata con interventi straordinari che vadano oltre le semplici misure di indennizzo.
Quali stime siete in grado di fare oggi circa le aziende che resisteranno?
Le stime dipendono ovviamente da quanto durerà questa fase di incertezza e dalla ripresa della domanda di prodotti ittici, a partire dalla ristorazione e dagli altri circuiti Horeca. Penso in particolare agli eventi, ai ricevimenti, al turismo, che sono tanta parte dei consumi estivi di prodotti ittici. Ad oggi, una parte significativa dei lavoratori imbarcati sono stati messi in cassa integrazione, le misure destinate ad indennizzare le imprese di pesca che hanno sospeso la propria attività durante questa crisi non sono ancora definite, così come l’effettiva capacità di accedere alle misure per la liquidità.La pesca italiana sta adattando responsabilmente la propria operatività attraverso una modulazione delle uscite in mare e del conferimento del pescato ai mercati, proprio per andare incontro alle esigenze dei consumatori, anche a costo di pesanti condizionamenti aziendali.
In questo momento così difficile, risulta indispensabile far conto su una maggiore flessibilità nelle misure di gestione che disciplinano l’attività di pesca in termini rigidi (interruzione nelle giornate del sabato, domenica e festivi, fermo biologico, fermo aggiuntivo, piani di gestione, ecc.). Una maggiore flessibilità che Federpesca richiede da anni, attraverso il ricorso a soluzioni semplici ed immediate – quali l’assegnazione di un plafond di giornate di pesca a ciascuna unità – che, in invarianza dell’impatto sulle risorse ittiche, affidino alla autodeterminazione aziendale l’organizzazione della produzione. Evitando sprechi, carenza di prodotto nazionale sui mercati o incroci assurdi tra condizioni meteorologiche e regole amministrative. Solo così si potrà evitare un definitov collasso del settore.
Pesce fresco nei locali in riva al mare, sagre e turismo gastronomico. Per la stagione in vista, il ridimensionamento dell’afflusso turistico ricadrà sul settore, come vi state preparando all’impatto?
Diventa di emergenza assoluta sostenere il settore nel riorientamento commerciale e – a monte – nella rimodulazione della produzione in mare rispetto al mutato quadro di riferimento. E’ questa la sfida del momento, è questo il ruolo che le associazioni e le istituzioni possono e devono assolvere per assicurare la “continuità aziendale” che consenta alle imprese di restare sul mercato e sopravvivere ad un vero e proprio tsunami.
Lo Stato e l’Ue come intervengono in aiuto della categoria? Cos’altro si potrebbe fare?
Certamente sia il Governo italiano sia la Commissione e il Parlamento europeo sono intervenuti tempestivamente per dare risposte al settore, tuttavia ad oggi nessuna impresa o lavoratore del settore ha ancora ricevuto un contributo concreto.
Abbiamo apprezzato, tra le misure presenti nel Decreto cura Italia, l’istituzione di un Fondo dedicato alle imprese della pesca e dell’acquacoltura destinato ad indennizzare le stesse per la sospensione dell’attività di pesca, nonchè l’estensione della cassa integrazione in deroga su tutto il territorio nazionale anche per la pesca, così come certamente positivi sono gli interventi relativi agli strumenti finanziari messi a disposizione delle imprese di pesca tramite ISMEA.
Tuttavia, a due mesi dall’inizio della pandemia, nessuna impresa di pesca ha ancora ricevuto alcun aiuto economico e la situazione rischia di diventare insostenibile. In questo senso, comprendendo la mole di lavoro delle sedi INPS e delle amministrazioni, abbiamo proposto di velocizzare ulteriormente le procedure di liquidazione rimandando ad un momento successivo le istruttorie e le dovute verifiche. Questo sarà particolarmente importante nel caso della corresponsione dell’indennizzo alle imprese di pesca per le giornate di sospensione dell’attività, per le quali siamo in attesa di un decreto attuativo da parte del MInistero delle politiche agricole.
Più in generale riteniamo che sia fondamentale ribadire l’importanza di adottare soluzioni di maggiore flessibilità nelle misure di gestione nazionali che, nel rispetto delle normative vigenti e in conformità con gli obiettivi della PCP e del CCNL, affidino la gestione di un plafond di giornate di pesca alla responsabile autodeterminazione aziendale. Tale misura sarebbe particolarmente utile per far fronte alla intermittenza dell’attività, come nel caso dell’attuale emergenza sanitaria, senza ulteriori costi per le imprese e per lo Stato.
Quando e come sarà possibile uscire dalla crisi?
In termini generali è una domanda alla quale è difficile rispondere, ma proprio per questo è fondamentale che le misure adottate dal Governo diventino presto operative, così come vengano finalmente adottati meccanismi che conferiscano maggiore flessibilità alla produzione in mare. In una parola, riuscendo ad “andare incontro al mercato”.