Secondo il nuovo rapporto della Corte dei Conti UE, carenze nella gestione degli accordi europei sulla pesca con paesi terzi dell’ Africa e l’Oceano Indiano stanno portando all’aumento dei prezzi del pescato.
Allo stesso tempo, la mancanza di dati affidabili sta ostacolando gli sforzi della Commissione Europea, atti a garantire che le navi del vecchio continente peschino solo le risorse in eccedenza ai paesi partner.
In virtù degli accordi di partnership sulla pesca sostenibile, l’UE paga per ottenere l’accesso della sua flotta esterna alle zone di pesca di altre nazioni. Gli accordi in questione mirano a promuovere stock ittici sostenibili, fornire un quadro stabile per la flotta europea in merito all’accesso alle zone di pesca, e alla pesca sostenibile in generale nei paesi partner. La Commissione Europea negozia, così, gli stock pescabili, le quantità accessibili, i pagamenti effettuati e le condizioni applicabili.
La Corte dei Conti valuta inoltre, le operazioni di negoziazione e l’attuazione degli accordi, il monitoraggio da parte della Commissione delle catture di pesce, e la selezione e il controllo delle azioni finanziate.
Alla luce di queste condizioni, è emerso che, nonostante gli accordi siano stati generalmente ben gestiti, il tonnellaggio negoziato fosse spesso superiore rispetto alle catture dichiarate precedentemente.
Ciò porta al sottoutilizzo regolare. Perché l’Europa paga per intero, indipendentemente dalla quantità di pesce effettivamente pescato. Il prezzo reale per questo motivo risulta spesso superiore a quello antecedentemente pattuito. Ad esempio, In Mozambico nel 2013 il costo reale per tonnellata di tonno era di circa sei volte più elevato del prezzo già negoziato.
In realtà, come si diceva, gli accordi dovrebbero garantire la sostenibilità delle attività di pesca, consentendo alle imbarcazioni appartenenti all’UE di pescare solo i surplus delle nazioni collaboratrici. Si hanno, però, dubbi sul fatto che il suddetto surplus possa essere calcolato in maniera affidabile, a causa della penuria di informazioni attendibili sugli stock ittici.
Una penuria di informazioni coerenti e complete anche sulle catture di pesce effettivamente svolte dalla flotta europea, con differenze significative tra i dati forniti dagli Stati Membri, la Commissione e le valutazioni degli accordi. La Commissione infatti, ha un controllo limitato sulle attività effettivamente attuate dai paesi partner dal punto di vista del supporto settoriale.
“Queste carenze possono e devono essere affrontate se vogliamo che gli accordi di partenariato sulla pesca contribuiscano efficacemente alla pesca sostenibile nelle acque dei nostri paesi partner, garantendo al contempo l’attività della nostra flotta peschereccia” ha spiegato Jan Kinšt, membro della Corte dei Conti Europea e responsabile del rapporto.