La seconda giornata del “Simposio internazionale sulla pesca sostenibile – all’insegna del rinforzamento del legame tra modo della ricerca e delle politiche di gestione” – International Symposium on Fisheries Sustainability – strenghtening the science-policy nexus – è iniziato con gli interventi della sessione 4. Rispettivamente, un intervento sulla sicurezza alimentare (a conclusione del ciclo di interventi sull’argomento iniziato nella giornata di ieri), ed un intervento dedicato alla piccola pesca artigianale small scale fishery, SFF.
Quest’ultimo aspetto è stato rappresentato da Mitchell Lay, rappresentante del Carribean network of fisherfolk organisations (CNFO) and gulf and Carribean Fisheries Institute (GCFI). Mitch è un pescatore dedito alla piccola pesca artigianale sin dal 1988, un grande sostenitore dell’utilizzo sostenibile e gestione responsabile delle risorse marine, ed ambasciatore rappresentante dei pescatori dei Caraibi. Un pescatore che ha presentato un intervento dal titolo, Sea through the eyes of fisher folks – Il mare attraverso gli occhi dei pescatori.
Con un linguaggio schietto ed immediato, Mithc ha narrato la visione dei piccoli pescatori nei confronti di tematiche e realtà, ormai su tutti i tavoli di lavoro mondiali, da quelli del mondo della ricerca a quelli decisionali e politici. Una visione che è frutto delle preoccupazioni quotidiane dei pescatori che egli stesso rappresenta, nonché frutto di pluriennale esperienza, vissuta e tramandata. Mitch esorta ad una riflessione, la piccola pesca artigianale ad oggi è purtroppo associata a tutta una serie di percezioni negative, che ne hanno danneggiato le attività connesse. Percezioni negative legate ai costi di gestione, basti pensare ai costi delle licenze e di mantenimento, che demoralizzano ed allontanano chi vorrebbe avvicinarvisi. Percezioni negative legate alle politiche di gestione rivolte verso tale attività, che non tengono conto delle esigenze di questo settore, penalizzandolo.
Mitch continua denunciando che, in paesi in via di sviluppo, ma anche su scala locale nei grandi bacini, vi sono opportunità per lo sviluppo della piccola pesca artigianale, un potenziale mai indicato in un’analisi globale del settore pesca ad oggi, e per questo sconosciuto ai ricercatori, ai gestori, agli investitori, ai consumatori. Le attività di piccola pesca occupano una fetta enorme di quella che è la blue economy, settore che tuttavia non prende abbastanza in considerazione questa attività nelle proprie valutazioni (statistiche e fondi elargiti).
Ed ancora, l’ambasciatore dei pescatori, ha sottolineato come, ad oggi, vi sia una scarsa correlazione tra la piccola pesca artigianale e gli obiettivi di sviluppo sostenibile Sustainable Development Goals – SDGs e come le lobby legate al mondo della conservazione ambientale dovrebbero impegnarsi di più a sviluppare una retorica più responsabile nei riguardi di tali attività di pesca.
Occorre dunque sviluppare una nuova narrativa, che sia basata sulle evidenze che i sistemi socio-ecologici intrinsechi nella piccola pesca artigianale offrono già, o possono offrire, affinché non debbano più esistere casi in cui un padre pescatore debba provare a spiegare al figlio che il suo è un lavoro dignitoso, ma viceversa, si possa vivere in una società che ne riconosce il valore e l’importanza, tutelandola.
Serve dunque lavorare su uno sviluppo di capacità capacity building che sia specifica per questo settore, un ambiente in cui gli attori, i pescatori, possano difendere il loro lavoro, e sebbene la presenza di linee guida sia riconosciuta, occorre vigilare sull’interpretazione di queste.
L’intervento di Mitch si conclude con un appello alla platea di ricercatori, gestori e portatori di interessi presenti, let’s develop a positive narrative, – sviluppate una storia che sia positiva, ne avete le abilità e l’opportunità. Una richiesta di azione, comunicata tramite parole che sono state un’ispirazione per i molti presenti.
Come per i giorni scorsi, e facendo eco ai precedenti interventi dal pubblico, gli esperti mondiali di science-policy nexus hanno invocato come soluzione immediata alla creazione di una storia positiva, la creazione di legami tra le istituzioni e le organizzazioni locali rappresentanti di categoria. Incoraggiando un approccio di gestione collettiva, co-management, un approccio partecipato, collettivo ed integrato, che possa permettere di portare le esigenze locali all’attenzione di tutti, dando risonanza globale. La promozione di azioni collettive che danno potere alle minoranze passano dal dialogo tra le parti.
Ascoltare Mitch è stato emozionante dalla mia prospettiva, quella di una ricercatrice, giovane, donna, che ha deciso di ascoltare le storie dei pescatori, per capire meglio la loro “storia positiva”, dar loro una mano in una nuova narrazione, ed utilizzare il loro sapere per informare ed interpretare in modo efficace la ricerca scientifica, dando un senso pragmatico al science-policy nexus cui lavoro ormai da qualche anno. Nei suoi occhi, nelle sue decise parole, ho rivisto i pescatori di Isola delle Femmine, i loro volti amici, Vincenzo, Francesco, Dino, Benedetto, Toti, Walter … che ho conosciuto grazie al progetto HARMONY (INTERREG Italia Malta, Capofila Laboratorio di Ecologia, Dipartimento DiSTeM, Università degli Studi di Palermo). La loro calorosa accoglienza mi vede oggi loro concittadina “isolana” (perché io adesso li ci vivo). In un momento una singola voce, quella di Mitch, è diventato un coro, composto, umile, dignitoso, forte, che ha voglia di riscatto, crescita e riconoscimento, perché in questi mesi di interviste ho ascoltato le stesse parole.
In passato, il vantaggio di essere un ecologa che si occupa di studiare risposte di comunità marine, per me è stato quello di poter studiare le comunità di pesci ed organismi che popolano i fondali, ma oggi, ed in futuro, credo che sia sempre più importante integrare queste conoscenze con lo studio delle comunità di piccola pesca artigianale, di uomini e donne che vivono il mare e di mare.
Maria Cristina Mangano