La globalizzazione del commercio del pesce, guidata in gran parte dalla rapida crescita nel settore dell’acquacoltura, solleva l’esigenza di regole e pratiche migliori in materia di rintracciabilità, di condizioni del lavoro, di tutela della biodiversità, come pure un adeguamento commerciale rispetto ai cambiamenti della domanda, delle abitudini di consumo e del rapido aumento dei supermercati con le loro catene di approvvigionamento.
“Il commercio di pesce è molto più importante di quanto si pensi, sia in termini assoluti che relativi,” ha dichiarato Audun Lem, Vice-Direttore della Divisione Politiche ittiche e acquacoltura della FAO, ed anche Segretario del Sotto-Comitato sul commercio del pesce, il cui incontro biennale si tiene in Africa per la prima volta.
Il dibattito nel corso dell’incontro di una settimana ad Agadir aiuterà la FAO, i suoi paesi membri e i rappresentanti del settore a capire meglio le nuove tendenze, le opportunità e le sfide del settore pesca, favorendo lo sviluppo di strategie in grado di “aiutare i paesi in via di sviluppo a svolgere le proprie attività nel settore ittico in modo sostenibile e a massimizzare i vantaggi economici della crescita a cui speriamo di assistere”, ha dichiarato Lem.
I ministri sono anche pronti a trovare ad Agadir un accordo sulle linee guida tecniche proposte dalla FAO, relative ai regimi di documentazione delle catture, un insieme di documenti che testimoniano l’origine legale del pescato, facilitando la tracciabilità del prodotto lungo tutta la filiera. Questo potrebbe diventare un importante strumento per arginare la pesca illegale, un mandato stabilito dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
Il commercio internazionale di pesce e di prodotti ittici, nell’ultimo decennio, è raddoppiato, raggiungendo nel 2014 la cifra di 144 miliardi di dollari. Di questi, le nazioni a basso reddito tutte insieme hanno esportato nello stesso periodo, 78 miliardi di dollari più di tre volte il valore delle esportazioni di riso a livello globale.
Gran parte del dinamismo del settore è dovuto all’acquacoltura, la cui produzione è più che triplicata negli ultimi 20 anni, raggiungendo i 78 milioni di tonnellate, confermandosi il settore alimentare in più rapida crescita.
Mentre la maggior parte degli allevamenti di pesce si trova in Asia, i tassi di crescita più alti dell’ acquacoltura si rilevano in Africa e America centrale e meridionale, regioni nelle quali il consumo pro capite di pesce è tradizionalmente basso e nelle quali il settore ha dunque i più ampli margini relativi di miglioramento nella contribuzione alla sicurezza alimentare.
Uno dei motivi che ha reso il settore dell’acquacoltura particolarmente dinamico è il fatto che la produzione di pesce è molto meno legato all’andamento delle stagioni e meno volatile della pesca in mare aperto. Questo facilita l’accesso a polizze assicurative o al credito (esistono ora future legati al commercio del salmone) e addirittura permette di assicurare la fornitura di prodotti su misura come salmoni più grassi, più adatti all’affumicatura.
Nuovi trend di mercato stanno emergendo, nei quali meno operatori – ma di più grandi dimensioni – stanno trasformando verticalmente la struttura dell’industria, un processo già molto avanzato nei mercati di gamberetti, tilapie, salmone atlantico, spigole e orate. Questo potrà incentivare maggiori investimenti nell’allevamento selettivo, logistica, commercializzazione e differenziazione di marca – secondo Lem.
Il consumo di pesce sta cambiando sotto molti aspetti, per la prima volta nella storia, ad esempio, gli Stati Uniti hanno superato il Giappone per importazioni di tonno fresco.
Cambiamenti in vecchi trend diventeranno probabilmente sempre più comuni nel settore ittico, specialmente grazie all’aumento della domanda da parte dei paesi in via di sviluppo che allo stesso tempo stanno rafforzando la produzione domestica.
Dal 2013 il salmone e la trota hanno superato i gamberetti come beni più commercializzati in termini di valore. Nel 2014 il Vietnam ha superato la Tailandia ed è ora il terzo maggior esportatore di prodotti ittici, grazie alla rapida internazionalizzazione del commercio del pangasio, un pesce bianco d’acqua dolce che compete con pesci marini come merluzzo, nasello e merluzzo giallo. Allo stesso tempo il commercio di polipi è in forte ascesa negli ultimi anni, mentre le vendite di calamari sono rimaste fiacche.