Pesca. Sfida nell’equilibrio tra sostenibilità ambientale e sociale – La nostra intervista ad Antonio Pucillo, capo dipartimento pesca FLAI CGIL, mette in luce le sfide della pesca in Italia. Dal nostro approfondimento emergono la necessità di sostenibilità, di miglioramenti nelle condizioni lavorative e di sicurezza dei pescatori. Flai Cigl promuove la formazione e lo fa coinvolgendo i giovani.
Quali sono le principali sfide che il settore della pesca sta affrontando attualmente nel nostro paese?
La sfida più importante che la pesca sta affrontando è quella di trovare un equilibrio tra sostenibilità ambientale, sociale, tutela ecologica, sopravvivenza stessa del settore. Nel senso che se non si trova il giusto rapporto fra le varie esigenze il settore della pesca ne uscirà profondamente danneggiato. E se continuiamo ad individuare nelle catture il solo elemento che danneggia la risorsa, crediamo di non essere sulla strada giusta.
Lavoro usurante, malattie professionali, sicurezza. Quali iniziative Flai Cigl ha messo in campo per migliorare le condizioni di lavoro e la sicurezza dei pescatori?
In questo periodo stiamo portando avanti una campagna sulle malattie professionali, insieme al patronato Inca somministriamo da diversi anni questionari ai pescatori e stiamo ottenendo buoni riscontri da parte dell’Inail. In passato abbiamo approfondito il tema con ricerche specifiche, in collaborazione con gli stessi dirigenti dell’Inail che hanno potuto seguire l’attività di pesca direttamente sulle imbarcazioni, così da poter individuare le criticità sul campo. Sempre per quanto riguarda la sicurezza, da anni offriamo corsi di formazione avanzati e Stcw, con l’intento di arrivare a condividere con i lavoratori che la sicurezza è un valore aggiunto non un costo né tanto meno una perdita di tempo.
Come il sindacato promuove la formazione e lo sviluppo professionale all’interno della comunità di pescatori?
Per rilanciare il settore abbiamo cominciato ad andare negli istituiti nautici, incontriamo i ragazzi, facciamo delle lezioni, li portiamo con noi in mare. Chi già invece esercita l’attività viene aiutato nella crescita professionale, finanziamo corsi per far ottenere titoli professionali nella pesca. In aggiunta parliamo di ambiente, salute, sicurezza in svariati momenti assembleari nelle diverse marinerie italiane
La pesca può rappresentare un settore in grado di dare risposte alle attese occupazionali delle nuove generazioni?
Sì. Ma per far questo bisognerebbe migliorare la condizione del welfare dei lavoratori. Le malattie professionali, il riconoscimento del lavoro usurante, l’applicazione del testo unico 81/08 sulla sicurezza e non da ultimo la mancanza di un ammortizzatore sociale strutturato sono elementi che vanno messi a sistema al più presto, in un’attività lavorativa che ne è quasi totalmente esclusa. A cornice di tutto questo, abbiamo la necessità di una politica europea che dia speranze per il futuro. Gli ultimi provvedimenti, l’action plan, ad esempio, in qualche modo ne limitano le prospettive.
Quali sono i temi caldi emersi durante il recente convegno nazionale “La pesca italiana nell’uso dello spazio marittimo”?
Lo spazio marittimo, appunto, è un elemento fondamentale. E tutti i fattori evidenziati nella ricerca restringono notevolmente l’attività di pesca, dall’eolico alle nuove aree marine protette. Eppure non sono stati consultati né coinvolti i veri protagonisti, i pescatori. Come al solito caleranno dall’alto norme con cui sarà difficile convivere, non avendo ad esempio alcun ammortizzatore sociale. Ridurre l’attività di pesca limitando le giornate senza rendersi conto che nella pesca non tutte sono giornate proficue, rischia di essere un disincentivo a chi invece vorrebbe vivere di questo mestiere.
Come affrontate la questione dell’innalzamento delle temperature degli oceani e il loro impatto sulla pesca?
Gli stravolgimenti climatici sono sotto gli occhi di tutti, e forse anche alla base dello sviluppo di specie aliene che hanno effetti sulla stessa risorsa ittica. In questa fase va approfondito l’aspetto scientifico, magari anche per trovare il modo di trasformare in risorsa quello che oggi è ritenuto solamente un problema.
Quali sono i vostri obiettivi a lungo termine?
Sostenere il settore con la formazione e la ricerca, ottenere un welfare adeguato per non lasciare da soli i lavoratori nei momenti di difficoltà, anche per evitare che i giovani che vorrebbero intraprendere questo mestiere siano scoraggiati da condizioni oggettive di svantaggio, per dar loro le stesse protezioni sociali che esistono in tutti gli altri settori. Inoltre continueremo a studiare gli effetti che a nostro parere i cambiamenti climatici, l’inquinamento hanno sulla risorsa ittica, continuando anche a denunciare la pesca illegale. Sempre alla ricerca di un equilibrio tra sostenibilità ambientale, sociale, tutela ecologica e sopravvivenza stessa del settore. Nessuno di questi elementi deve soccombere rispetto all’altro, unico modo perché la pesca abbia un futuro.
Pesca. Sfida nell’equilibrio tra sostenibilità ambientale e sociale