Lotta alla pesca illegale, si, ma riconoscimenti e premialità per chi lavora con serietà professionale, questo uno dei punti su cui si è tornati frequentemente nel dibattito, ma anche ribadito a più voci il patto non scritto di solidarietà tra uomini di mare “Gli angeli azzurri delle CP” e i pescatori professionisti perché, come sostiene un antico detto marinaro, “per mare non ci sono taverne”.
La prima tappa ed il taglio del nastro di partenza per la sottoscrizione del Protocollo della Legalità e Codice Etico dei pescatori professionali.
Ampia la discussione sulla proposta di regolamento del parlamento europeo per un piano pluriennale delle attività di pesca degli stock demersali.
Sulla recente proposta si è condiviso l’allarme di “una pesca italiana sotto attacco” e il timore di essere ormai giunti ad un punto di non ritorno per la pesca a strascico.
“In questo senso – ha affermato Gennaro Scognamiglio – prima di mettere nero su bianco i limiti da porre alla pesca a strascico e alle batimetriche da fissare tout court chi scrive e formula gli articolati, dovrebbe informarsi di più sulle orografie delle diverse GSA mediterraneo e di cosa vi si cattura”. Infatti, l’articolo 9 della proposta al par.3 vuole stabilire anche quanto tempo deve lavorare un Impresa (proposta di 60 ore settimanali) e all’art.11 una previsione di divieto dello strascico entro l’isobata dei 100 mt.
Basta con un Europa matrigna è sterile. Non può un regolamento dettare la vita socioeconomica delle imprese di pesca e determinare l’economia del Mare Mediterraneo adeguandola a modelli di pesca impossibile per le nostre categorie. Il patto proposto con vigore dai pescatori e che l’Unci Agroalimentare faccia da ponte e da portatore dell’interesse collettivo dei Pescatori, e da qui la richiesta al Ministro Centinaio di adottare, tutte le tutele per preservare il lavoro dell’intero comparto (Pesca degli Stock Sarde e Alici- Pesca dei Demersali).
Nella tavola rotonda, inoltre, è emerso il rischio dell’istituzione di un presunto “santuario dei cetacei bis e tartarughe” che va da Trieste a Ravenna da parte di un soggetto titolare di un progetto già depositato nelle Regioni di competenza finanziato, sembra, dal FEAMP. Va bene la difesa delle risorse naturali ma quando la salvaguardia dei nostri pescatori e delle rispettive famiglie? Intanto se entrasse in vigore questo ulteriore parco marino l’attività di pesca in pratica in tutto l’alto Adriatico sarebbe preclusa.
Chiediamo quindi all’On Ministro di far verificare che i fondi FEAMP vadano spesi a favore dei veri destinatari: i pescsatori. Occorre quindi varare per l’Alto Adriatico di un piano di gestione pesca che, con la ricerca scientifica ed il supporto delle imprese di pesca coinvolte, possa consentire il monitoraggio e verificare la reale consistenza della risorsa ittica; mettere in campo per l’anno 2019 un piano di interventi strutturali a supporto delle marinerie con la creazione nei vari porti di appositi spazi per il cosiddetto “sbarco obbligatorio” delle catture accidentali e sotto taglia non commercializzabili e da ultimo ma non meno importante, un piano di ricostituzione delle cosiddette pesche speciali in Alto Adriatico cosi come è stato derogato in altri areali.
Così in un comunicato UNCI Agroalimentare