Tutti quanti conoscono il pregiato e appetitoso astice marino venduto vivo e ospite costante di tutte le vasche poste all’interno dei ristoranti specializzati nella cucina a base di pesce. Non tutti sanno però che la maggior parte degli esemplari, anche di grandi dimensioni, che stanno placidamente sul fondo dei grandi acquari riempiti con acqua salata con le chele legate, hanno attraversato l’oceano in aereo importati dalle fredde acque costiere dell’America del Nord. Infatti la continua crescente domanda di questo crostaceo ha portato ad una drastica e preoccupante rarefazione in natura della specie europea (nome scientifico Homarus gammarus) a causa di fenomeni di sovrapesca oltre che di inquinamento antropico delle coste.
La specie americana (nome scientifico Homarus americanus), commercializzata in genere con un peso individuale di 500-600 grammi, è diventata quindi oggetto di importazione per supplire alla domanda di un mercato europeo pronto a pagare un prezzo superiore ai 30 euro al kg.
Lo scenario attuale vede quindi una dipendenza crescente dai rifornimenti oltreoceano di una specie aliena nei mari europei. Fortunatamente da questo stato di crisi per un prodotto commerciale acquatico anche nostrano si può oggi uscire incentivando la realizzazione di impianti di riproduzione ed allevamento dell’astice europeo – pescato e venduto generalmente con una lunghezza di 30-40 centimetri – la cui realizzazione e gestione sono diventati di facile esecuzione. Abbiamo quindi l’affascinante opportunità di dar vita ad un nuovo e redditizio settore dell’acquacoltura, grazie alle moderne conoscenze della biologia riproduttiva dell’animale e all’impiego di tecnologie ecosostenibili e più economiche dal punto di vista energetico ed idrico rispetto al passato.
Più di 100 anni di esperienze nella riproduzione larvale dell’astice europeo condotte nel Nord Europa, anche per fini di ripopolamento delle coste atlantiche, a supporto della pesca costiera, hanno permesso di poter realizzare efficienti incubatoi al coperto nei quali è possibile effettuare la schiusa delle uova con un’alta percentuale di sopravvivenza, nutrendo poi le successive larve con una dieta equilibrata dal punto di vista nutrizionale ed in grado di assicurare un tasso di crescita soddisfacente, potendo ottenere esemplari di 250-300 grammi in due anni di allevamento.
Gli impianti di allevamento sono a ricircolo idrico chiuso per poter filtrare e riciclare l’acqua garantendo al contempo una temperatura stabile controllata che velocizza il processo di ingrasso degli animali rispetto a quanto accade in natura.
Un grande passo in avanti nell’allevamento degli astici è stato fatto grazie alle esperienze realizzate in Inghilterra e Norvegia per quanto riguarda le tecniche per ridurre il cannibalismo intraspecifico e aumentare così la resa produttiva delle vasche. Oltre ai vantaggi di allevare l’astice europeo utilizzando tecniche che facilitano il controllo dello stock di animali allevati anche da parte di chi non ha una preparazione scientifica o tecnologica, non si deve dimenticare poi l’alto prezzo di quotazione di questa specie sul mercato italiano il quale può raggiungere nientemeno che i 68 euro al kg, superando di decine di euro il prezzo dell’astice americano di importazione.
A questo punto scommetto che vi è venuta l’acquolina in bocca vero? E non solo per le carni gustose dell’animale, immagino.
Oggi grazie all’utilizzo della tecnologia acquaponica applicata all’acqua salata, è possibile inoltre realizzare impianti verticali per la produzione intensiva dell’astice europeo riuscendo in questo modo a poter utilizzare anche spazi di fabbricati in disuso in maniera produttiva, sostenibile ed economicamente vantaggiosa. Gli animali vengono allevati in acqua salmastra opportunamente preparata e condizionata per il loro benessere in speciali vasche ben ossigenate e dotate di celle individuali. L’acqua viene filtrata e depurata grazie all’azione di letti di coltivazione idroponici dove sono mantenute piante commestibili in grado di poter crescere in queste condizioni idriche, consentendo di poter riutilizzare il 90% della stessa acqua. Questa capacità garantisce a chi gestisce tali impianti di poter produrre astici anche in zone distanti dal mare potendo utilizzare in questo caso acqua addizionata di sali artificiali che ricrea in qualità quella di mare, assicurando un’indipendenza da una fonte idrica costante e garantendo allo stesso tempo una maggiore biosicurezza durante l’allevamento (evitando ad esempio l’ingresso in vasca di organismi patogeni e parassiti).
Quanto spazio serve per poter realizzare una produzione commerciale di astici? La risposta dipende dall’obiettivo di produzione che si intende raggiungere. È utile sapere che 1 mq. di vasca può ospitare fino a 60 esemplari adulti di 300 gr. ciascuno per un totale di 18 kg. di prodotto commerciabile al termine del ciclo di allevamento. Una superficie di 100 mq. di vasche consente quindi di poter ottenere una resa di 1.800 kg di astici con un ricavo lordo stimabile in 122.400 euro dopo due anni e mezzo di allevamento.
L’allevamento intensivo dell’astice europeo è una grande opportunità da iniziare a sfruttare nel nostro Paese al fine di creare e promuovere nuova occupazione, una nuova fonte di reddito e la riqualificazione di infrastrutture in disuso come capannoni e serre ma anche di negozi o altre strutture coperte e dotate preferibilmente di finestre ampie per l’ingresso della luce naturale, necessaria per le piante coltivate; in alternativa è possibile comunque sempre prevedere l’uso di pannelli solari per la fornitura di energia elettrica per l’impianto di illuminazione artificiale.
In questo modo si potrà inoltre contribuire alla riduzione dello sfruttamento oramai divenuto insostenibile dei territori di pesca costiera partecipando in modo attivo con una quota di esemplari giovani riprodotti in vasca a programmi di ripopolamento analoghi a quanto si sta facendo sulla costa tirrenica vicino Civitavecchia dove sorge un laboratorio universitario preposto proprio ad un programma di reintroduzione di giovani astici nelle loro aree naturali.
Dr. Davide Di Crescenzo
AquaGuide
www.aquaguide.com