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Home Sostenibilità

In vigore il primo trattato internazionale contro la pesca illegale

Mariella Ballatore by Mariella Ballatore
5 Novembre 2018
in Sostenibilità

 

L’Accordo FAO sulle Misure dello Stato d’Approdo diventa legge internazionale vincolante Uno storico accordo internazionale volto ad eliminare la pesca illegale è entrato ieri in vigore, divenendo quindi legalmente vincolante per i 29 paesi ed l’organizzazione regionale che vi hanno aderito. L’Accordo sulle Misure dello Stato di Approdo per prevenire, scoraggiare ed eliminare la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (PSMA l’acronimo inglese N.d.T.) – adottato come trattato FAO nel 2009 dopo lunghi anni di negoziati – è il primo trattato internazionale vincolante che si concentra specificamente sulla pesca illegale. La soglia minima per l’attivazione del trattato – l’aderenza ufficiale di almeno 25 paesi – è stata superata il mese scorso, innescando il conto alla rovescia dei trenta giorni fino all’entrata in vigore odierna.

“È un grande passo verso l’obiettivo di realizzare un settore ittico sostenibile che possa contribuire a nutrire il pianeta” ha detto il Direttore Generale della FAO Graziano da Silva. “Elogiamo quei paesi che hanno già firmato il trattato e che cominceranno a metterlo in pratica, mentre invitiamo i governi che ancora non lo hanno fatto ad unirsi a questo sforzo collettivo per eliminare la pesca illegale e salvaguardare il futuro delle nostre risorse ittiche.” Attualmente, i firmatari del PSMA sono: Australia, Barbados, Cile, Costa Rica, Cuba, Repubblica Dominicana, Unione Europea (come organizzazione membro), Gabon, Guinea, Guyana, Islanda, Mauritius, Mozambico, Myanmar, Nuova Zelanda, Norvegia, Oman, Palau, Repubblica di Corea, Saint Kitts e Nevis, Seychelles, Somalia, Sud Africa, Sri Lanka, Sudan, Tailandia, Tonga, Stati Uniti d’America, Uruguay e Vanuatu L’Organizzazione è stata informata che a breve nuove sottoscrizioni formali dovrebbero aggiungersi all’elenco.

Rafforzare i porti contro i pescatori illegali

I firmatari del trattato sono obbligati a mettere in atto una serie di misure nella gestione dei porti sotto il loro controllo, al fine di identificare i casi di pesca illegale, impedire che il pescato da essa derivante sia sbarcato e commerciato, e assicurare che le informazioni sulle imbarcazioni che infrangono le regole siano condivise a livello globale. Ciò comporta, tra le altre cose, che le navi da pesca straniere che intendono entrare in un porto dovranno richiedere il permesso in anticipo, fornendo informazioni dettagliate sulla loro identità, le loro attività e sul carico di pesce che hanno a bordo. L’approdo potrà avvenire solo in porti specialmente designati ed attrezzati per dei controlli efficienti. Le imbarcazioni sospettate di aver praticato pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata potranno vedersi negare l’accesso al porto in toto, o ricevere il permesso di entrare solo a fini di controllo, senza possibilità di scaricare il pescato, di fare rifornimento di carburante o altro. Le imbarcazioni alle quali sarà permesso di entrare nei porti potranno essere soggette a controlli condotti secondo un set di standard comuni. Sarà loro richiesto di provare di essere in possesso della licenza di pesca dal paese di cui portano bandiera, e di aver ottenuto i permessi necessari dai paesi nelle cui acque stavano operando. In caso contrario, o se i controlli dovessero identificare casi di pesca illegale, a tali imbarcazioni sarà vietato ogni ulteriore uso dei porti e verranno segnalate come violatrici. Qualora ad un’imbarcazione venisse proibito l’accesso o i controlli rivelassero dei problemi, le parti dovranno comunicare tali informazioni al paese sotto la cui bandiera la nave è registrata ed informare gli altri firmatari del trattato così come i direttori dei porti dei paesi limitrofi.

Il primo del suo genere

Le operazioni senza dovuta autorizzazione, la pesca di specie protette, l’uso di attrezzature da pesca proibite o l’inosservanza delle quote imposte, sono tra le più comuni attività di pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata. Queste pratiche minano gli sforzi volti a gestire in modo responsabile la pesca marittima, danneggiando la produttività di questo settore ed in molti casi favorendone la rovina. Sebbene esistano soluzioni per combattere la pesca illegale in mare, esse sono spesso molto costose e – specialmente per i paesi in via di sviluppo – possono essere difficili da attuare, data la vastità degli spazi oceanici che è richiesto monitorare ed i costi delle tecnologie necessarie. Di conseguenza, le misure dello stato di approdo sono uno dei modi più efficienti – e più economici – per combattere la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata. L’Accordo sulle Misure dello Stato di Approdo ora in vigore fornisce alla comunità internazionale uno strumento prezioso per portare avanti l’Agenda di Sviluppo Sostenibile 2030, che include un obiettivo specifico sulla conservazione e l’uso sostenibile degli oceani ed anche uno specifico sub-target sulla pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata.

Tags: FAOGraziano da Silvapescasettore ittico
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Mariella Ballatore

Co-founder e Direttrice di redazione. Pubblicista dal 2006 racconta il mondo da oltre un trentennio attraverso giornali, televisione e radio. Come conoscitrice del settore pesca e acquacoltura è stata più volte invitata a moderare e relazionare in convegni organizzati tra gli altri dalla Conferenza Episcopale Italiana – Ufficio nazionale dell’Apostolato del Mare, AquaFarm, Blue Sea Land.

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