L’emergenza Covid 19 non tende a rallentare la sua corsa. La preoccupazione degli appartamenti al settore della pesca è tangibile: il futuro sembra sempre più incerto.
Un eventuale nuovo lockdown o ulteriori restrizioni, anche se necessarie, minerebbero pesantemente la filiera con la probabilità di una improbabile ripresa futura.
Negli ultimi giorni si sta parlando di innovazione, una innovazione vista come passaggio tra passato e futuro sulla modalità di cattura e/o allevamento. Perchè non considerare la possibilità di innovare completamente il settore a partire da una garanzia salariale stabile ed adeguata?
Questo è il momento giusto per rivalutare la parola “innovazione” in virtù di una pandemia che ha letteralmente cambiato e stravolto i canoni del settore ittico. Da qui bisognerebbe ripartire realizzando progetti in grado di portare ad una innovazione sul mercato del prodotto ittico fresco locale, sul Km zero, e, come dicevo, sulla garanzia salariale che possa dare la possibilità a chi pesca di utilizzare il prodotto o le proprie competenze durante un periodo di crisi, o durante la bassa stagione a garanzia di un introito per l’armatore e gli imbarcati.
Oggi non è più possibile intendere il termine “innovazione” solo e strettamente legato allo sviluppo tecnologico di un settore quando chi ci lavora ed opera vive una condizione economica in progressiva involuzione.