Qual è lo stato di salute delle realtà da voi rappresentate?
Stiamo vivendo una situazione senza precedenti. E la filiera ittica, che già paga lo scotto di criticità strutturali (imprese sottocapitalizzate, difficoltà di accesso al credito, complicato turnover generazionale), sta risentendo più di altri settori di questa emergenza. A pesare di più sono la chiusura dei ristoranti, dove confluisce buona parte delle produzioni, e il cambiamento di abitudini dei consumatori che fanno spesa meno spesso e si orientano su prodotti a lunga conservazione, per fare scorta nelle dispense. Il coronavirus ha azzerato o quasi il fatturato della pesca italiana che ha fatto registrare nel solo mese di marzo una contrazione di circa 60 milioni di euro, ovvero oltre il -70% su base mensile e circa il -6% su base annua. A soffrire di più le imbarcazioni più grandi che hanno costi di gestione più alti, quantitativi di sbarcato maggiore e di conseguenza rischi di invenduto più elevati. Per i pescherecci più piccoli, dove a bordo sono imbarcate poco persone e per lo più componenti della stessa famiglia, è andata un pochino meglio soprattutto nella gestione della sicurezza a bordo ma anche nella maggior flessibilità che gli ha permesso di cimentarsi nella vendita diretta a domicilio. Eppure, solo un anno fa i consumi di pesce facevano registrare, rispetto al 2018, un +2,6%. Con le cozze che rappresentavano il 50% delle vendite di molluschi. Traguardo che sembra difficile raggiungere quest’anno. Proprio per le cozze oggi si registra l’sos degli allevatori, preoccupati che se non ci sarà a breve la ripresa dei mercati, il prodotto non verrà raccolto, cosa che va fatta entro l’estate, pena la perdita della produzione. Nonostante questa cornice tutt’altro che rassicurante, la pesca, dopo qualche settimana dove circa l’80% della flotta è rimasta ferma in porto, pur assicurando sempre la fornitura di prodotto ittico fresco, riprende il largo con la sua flotta anche se si naviga a vista. Si esce in mare non tutti e non tutti i gironi e si vede come reagisce il mercato. La domanda è ancora ridimensionata, per tornare alla normalità bisognerà attendere la riapertura del canale Horeca.
Quali stime siete in grado di fare oggi circa le aziende che resisteranno ?
Nonostante le enormi difficoltà, dobbiamo pensare positivo. Dobbiamo operare affinché nessuno resti indietro e nessuno chiuda. In questa ottica vanno i nostri appelli alle istituzioni nazionali e comunitarie affinché nelle misure di sostegno al settore previste nel “Cura Italia”, ma non solo, non venga dimenticato nessun dalla piccola pesca, passando per i pescatori autonomi. Occorre però dare agli operatori non solo risposte certe ma strumenti da utilizzare nell’immediato. E poi, dobbiamo augurarci che il sistema Paese esca quanto prima dal guado.
Pesce fresco nei locali in riva al mare, sagre e turismo gastronomico. Per la stagione in vista, il ridimensionamento dell’afflusso turistico ricadrà sul settore, come vi state preparando all’impatto?
Indubbiamente sì. La bella stagione rappresenta il periodo dell’anno in cui storicamente si consuma più pesce in un cocktail fatto di più tempo libero, viaggi e più occasioni di consumo al ristorante ma anche in casa. Quest’anno bisognerà fare i conti con una nuova normalità . Ma dopo questo lungo periodo trascorso tutti a casa, c’è voglia di riappropriarsi delle proprie abitudini anche a tavola. Bisognerà fare i conti con i limiti imposti per tutelare la salute, non sappiamo quando si potrà tornare a mangiare al ristorante e come saranno le nostre vacanze estive. Facilitare l’acquisto del prodotto ittico, con la vendita diretta e la consegna a domicilio, è stato, nei giorni più bui della pandemia, una carta vincente per continuare a lavorare. Anche nella fase 2, occorrerà impegnarsi al meglio per intercettare la domanda. La chiusura dei ristoranti ha mostrata tutta la fragilità di una filiera che stenta ad arrivare sulla Gdo. Il nodo cruciale resta la bassa penetrazione nella grande distribuzione delle produzioni nazionali. Da qui il nostro progetto di creare ‘pescherie tricolori’ all’interno dei punti vendita. Per fare questo, servono accordi di filiera, occorre favorire la creazione di canali commerciali dentro i supermarket dove si vende pesce italiano. Un ruolo cruciale potrebbe svolgerlo il governo, dando così un sostegno reale al settore. Investire risorse pubbliche in questa iniziativa, favorendo un filo diretto tra supermercati e cooperative che producono, non significa solo dare nuova vitalità ad un comparto in forte difficoltà ma creare le premesse per favorire un consumo consapevole di prodotti ittici di qualità. L’obbiettivo è: mangiare più pesce, mangiare italiano.
Lo Stato e l’Ue come intervengono in aiuto della categoria?
A fronte dell’emergenza che stiamo vivendo, abbiamo chiesto un vero e proprio ‘Piano Marshall’ per il settore. Al momento l’unica cosa fruibile veramente è il sostegno al reddito degli imbarcati, legato al ‘Cura Italia’. Restano tuttavia esclusi alcune migliaia di pescatori autonomi che stiamo cercando di far recuperare dal governo. Si tratta di imperfezioni legislative che hanno tagliato fuori questi lavoratori dall’assegno di 600 euro. Per il resto, abbiamo predisposto la cassetta degli attrezzi con il fondo per le imprese di pesca e acquacoltura, sempre nel Cura Italia, le modifica Feamp, l’accesso al credito e qualche intervento de minimis che alcune regioni stanno ideando, come ad esempio in Campania
Quando e come sarà possibile uscire dalla crisi?
E una crisi globale che riguarda tutti i settori, a tutte le latitudini. Mai come in questo momento è evidente come l’arrestarsi di una attività può avere ricadute negative sulle altre. Su fronte sanitario, dobbiamo confidare nella ricerca scientifica affinché venga trovato un vaccino. Dal punto di vista economico è difficile fare previsioni sui tempi, ma è indispensabile poter contare su una rete di protezione in grado di sostenere lo spirito di iniziativa di tutti quei privati che non vogliono gettare la spugna. Accompagnare, con risorse e strumenti adeguati, la voglia di innovare e reinventare la propria attività, superando così gli ostacoli oggettivi di questo momento storico. Occorre crederci, lavorare. Ma è indispensabile che questo impegno venga incoraggiato e sostenuto, con la consapevolezza che si potrà ripartire sono con un lavoro di squadra.