La bussola. Insularità e pesca – È appena entrata in vigore la modifica dell’art.119 della Costituzione Italiana in base alla quale “la Repubblica riconosce le peculiarità delle Isole e promuove le misure necessarie a rimuovere gli svantaggi derivanti dall’insularità”. Si rileva subito che trattasi di un principio di ampio respiro nel quale sono chiamati in causa tutti i livelli istituzionali pubblici, dallo Stato fino ai Comuni, sono coinvolte tutte le realtà insulari nazionali, da quelle regionali a quelle più piccole, e, infine, non sono specificati, o non classificati, gli svantaggi denunciati, lasciando così spazio anche ad eventuali situazioni contingenti.
L’effetto immediato di questa nuova previsione costituzionale è che si accendono i riflettori sulle isole con la richiesta di un forte e comune impegno istituzionale a porre maggiore attenzione su di esse. Non resta che attendere adesso che queste intenzioni “costituzionalizzate” vengano concretizzate attraverso varie e mirate norme attuative ma resta il fatto che i territori insulari possono sperare di guardare ora con maggiore ottimismo alla risoluzione delle loro problematiche. Vale la pena accennare al fatto che, oltre a quelle derivanti dalle caratteristiche intrinseche di ordine geografico, in questi giorni sono balzate alla ribalta della cronaca anche questioni climatico/ambientali con i drammatici eventi alluvionali che hanno colpito l’Isola di Ischia, a loro volta preceduti da quelli, fortunatamente con minori conseguenze, nell’Isola di Lipari.
Anche le due grandi Regioni insulari, la Sicilia e la Sardegna, plaudono a questa iniziativa costituzionale vedendosi riconosciute, soprattutto la Sardegna, le differenze determinate dalle loro diverse condizioni geografiche rispetto alle altre regioni italiane.
Fatte tutte queste premesse bisogna dire che in realtà l’Unione Europea aveva già da tempo, direttamente, lanciato il concetto di “insularità” quale fattore su cui prestare maggiore attenzione nell’elaborazione delle proprie politiche soprattutto di sostegno economico. Difatti il punto di partenza lo troviamo nel Trattato per il funzionamento dell’Unione Europea che al fine di promuovere uno sviluppo armonioso dell’insieme dell’Unione stessa, questa rafforza la sua coesione economica, sociale e territoriale, riducendo il divario tra i livelli di sviluppo delle sue varie regioni con un’attenzione particolare che deve essere rivolta, tra le altre, alle regioni insulari.
Da una statistica risulterebbe che il suolo comunitario sia composto per circa il 5% da territori insulari, compresi gli Stati membri insulari che nel nostro Mediterraneo sono Malta e Cipro. Tuttavia, una recente relazione della Commissione Europea per lo sviluppo rurale del Maggio di quest’anno ha evidenziato che, nonostante sia accertato che le regioni insulari siano tutte relativamente meno sviluppate rispetto alle regioni continentali del loro Stato membro, tale previsione statutaria comunitaria non ha avuto ancora concreta applicazione, rendendosi, pertanto, indispensabile l’adozione urgente di un’Agenda Politica Insulare dove vengano definite le priorità d’azione.
Appare subito scontato che quando si discute di insularità il tema principale sia quello legato ai collegamenti con il continente con una forte dipendenza da quelli marittimi ed aerei ed alle loro oscillazioni operative, soprattutto per motivi meteorologici, ma in questa sede ci occuperemo esclusivamente delle questioni legate all’attività di pesca sulle quali tuttavia confluiscono direttamente o indirettamente anche le altre problematiche peculiari che però si presentano in maniera differenziata a seconda che si considerino macro aree a livello regionale oppure le cosiddette isole minori. In proposito, l’Unione europea, con un apposito Regolamento del 2004, ha istituito una zona di gestione della pesca di 25 miglia attorno all’isola di Malta (o più propriamente isole maltesi) con limitazioni di accesso a taluni tipi di pescherecci, che potrebbe essere definito come il primo vero esempio concreto (forse, al momento, unico) di attuazione del principio di riconoscimento dell’insularità al fine di preservare le risorse ittiche funzionali all’economia di tale Isola Stato.
Questo Regolamento di gestione è stato oggetto di contestazioni in particolare da parte delle marinerie siciliane che si sono viste restringere le aree di pesca normalmente frequentate. In questo caso, dunque, la disputa si è accesa tra due realtà isolane, di cui l’una, la Sicilia, di carattere regionale anche se molto più sviluppata rispetto all’altra statale maltese, a conferma della delicatezza degli equilibri internazionali. D’altronde, in generale, proprio a causa della diversità delle isole, non è praticabile una strategia comune europea per tutti, ma è necessaria l’attuazione di diverse strategie macroregionali che riguardino le isole insieme ai territori costieri di bacini marittimi specifici.
In sede comunitaria, comunque, gli interessi delle isole sono rappresentati da diverse organizzazioni che, oltre alle forme di partenariato pubblico fortemente auspicato dalla UE, contribuiscono attivamente alla cooperazione in progetti e ad altre iniziative. In campo nazionale, nella stesura dei Piani di gestione della pesca per GSA, nelle quali si realizzano le valutazioni delle risorse biologiche ed il contemporaneo monitoraggio delle attività di pesca, si tiene conto delle caratteristiche costiere insulari introducendo solitamente maggiori vincoli nelle aree marine attorno alle isole, alle quali, talvolta, si vanno ad aggiungere altre realtà gestionali come le Aree Marine Protette (AMP), istituite dal competente Ministero per l’Ambiente, ed i Piani di Gestione Locali (PGL) dei COGEPA, sostenuti con fondi pesca della UE, entrambi particolarmente diffusi in Sicilia e nelle sue isole minori. Vista la loro tipicità, generalmente, soprattutto per le isole minori, le economie locali sono alimentate principalmente dai flussi turistici che, in abbinamento alla netta prevalenza di imbarcazioni costiere, consentono anche il naturale sviluppo locale delle attività di pescaturismo e di ittiturismo creando, soprattutto nella stagione estiva, i presupposti per una diversificazione e conversione delle attività di pesca.
Tuttavia, le prolungate restrizioni provocate dall’emergenza da Covi-19, nel recente passato hanno inferto un duro colpo anche al turismo isolano, ed al suo indotto, con attuali timidi segnali di ripresa. Anche il settore commerciale ittico delle isole minori risulta dipendente dal turismo, con la prevalenza del sistema “dal produttore al consumatore”, ma i costi elevati della produzione abbassano i livelli di competitività dei prodotti freschi che vengono ad essere seriamente minacciati dalle massicce importazioni.
Passando al fronte delle misure di sostegno economico si rileva che nelle disposizioni della politica comunitaria di coesione, le isole sono solitamente raggruppate con le regioni di montagna e le zone scarsamente popolate, invece di essere oggetto di disposizioni specifiche. Nella maggior parte dei casi appartengono alla categoria delle regioni “meno sviluppate“. Con il Regolamento del 2014 sugli aiuti di stato si è rafforzata tuttavia l’idea di considerare le isole come territori distinti prevedendo che qualora gli aiuti pubblici siano impiegati per garantire i collegamenti con la terraferma essi potevano godere delle agevolazioni previste per i cosiddetti aiuti sociali. Invece, nel caso degli aiuti in materia di pesca, gli specifici fondi strutturali del FEP e del FEAMP non hanno mai operato tale distinzione e solo quest’ultimo, nell’ambito della Politica Marittima Integrata (PMI) richiede l’adozione di un processo decisionale da parte degli Stati membri che ottimizzi lo sviluppo sostenibile, la crescita economica e la coesione sociale delle regioni costiere e di quelle insulari. Tale principio viene nuovamente ripreso tra le priorità del FEAMPA in corso di attuazione, le cui iniziative, attraverso il Piano Operativo predisposto dall’Amministrazione Italiana, sono demandate ai Gruppi di Azione Locale (Fisheries Local Action Group – FLAG), i quali hanno il compito di contrastare l’instaurarsi di situazioni e/o di eventi nocivi alla sopravvivenza ed allo sviluppo delle comunità costiere interessate.
Dal quadro fin qui descritto emerge che i territori insulari costituiscono dei sistemi molto fragili e maggiormente esposti a fattori esterni che possono influire negativamente sul loro tessuto economico-sociale (compresi i fenomeni migratori che investono le isole mediterranee), come peraltro affermato dal Parlamento Europeo con una propria risoluzione del giugno di quest’anno, fatta pervenire agli Organi esecutivi e consultivi europei, sollecitando, in sintesi, che vengano intraprese tutte le iniziative volte ad agevolare lo sviluppo delle potenzialità di cui sono dotati i territori insulari. Tra queste potenzialità si ritiene che il ruolo predominante sia occupato da quelle derivanti dalla risorsa “mare”, compresa l’attività di pesca per la quale il Parlamento Europeo invita tutti gli organi di governo ad incrementare gli sforzi per la salvaguardia occupazionale in questo settore nelle isole.
In conclusione, sarebbe auspicabile che con questa base di partenza di “buone intenzioni” gli organi comunitari e nazionali adottino senza ulteriori indugi un approccio più specifico nelle questioni che riguardano i suddetti territori ed elaborino delle disposizioni più incisive nelle diverse forme di intervento che verranno programmate al fine di stabilizzare un adeguato sistema di protezione e di sviluppo.
La bussola. Insularità e pesca