La bussola. La promozione della UE di “azioni collettive” e di modelli di tipo “partecipativo” per lo sviluppo delle zone costiere – L’unione Europea, a partire dai primi anni del secolo in corso, ha manifestato la necessità di stabilire misure di accompagnamento per la Politica Comune della Pesca (PCP) volte ad incoraggiare il perseguimento di azioni comuni che riducessero, in particolare, sia l’impatto ambientale e che l’impatto socio-economico nelle zone di pesca, quest’ultimo mediante l’attuazione di strategie di sviluppo locale che consentissero, altresì, lo sviluppo sostenibile delle suddette zone.
È importante precisare che l’UE intende per zone di pesca una costa marina o lacustre (ma anche stagni o estuari di fiumi) che presentino un notevole livello di occupazione nel settore della pesca. Anche qui interviene un’altra definizione comunitaria che considera il “settore della pesca” come un settore economico che comprende tutte le attività di produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura.
Delineati i confini del tema che si andrà a trattare è da evidenziare che l’Unione Europea, nei suoi interventi, tende a porsi in maniera “complementare” all’azione degli Stati membri incoraggiando invece il rafforzamento di forme di partenariato. Per il perseguimento di questi “interessi comuni”, attraverso anche la partecipazione attiva soprattutto degli operatori della pesca e delle organizzazioni riconosciute, un grosso e decisivo impulso in tal senso è stato messo in atto con il Fondo Europeo per la Pesca (FEP) per il periodo 2007/2013. Difatti, all’interno di questo Fondo sono stati previsti finanziamenti per le iniziative, denominate “azioni collettive”, aventi la finalità di attuare le suddette strategie. Una di queste ruota intorno ad un obiettivo principale di contribuire a una migliore gestione o conservazione delle risorse anche attraverso la gestione ed il controllo delle condizioni di accesso alle zone di pesca mediante l’elaborazione di appositi Piani di Gestione Locali (PGL).
In quel periodo storico l’Unione Europea stava conducendo una decisa campagna di sensibilizzazione verso una efficace Strategia Marina con la messa in campo di una Strategia per l’Ambiente Marino, a salvaguardia dell’ecosistema marino, e di una Pianificazione dello Spazio Marittimo, per una crescita sostenibile dell’economia marittima, per uno sviluppo sostenibile delle zone marine e per l’uso sostenibile delle risorse marine con il coinvolgimento attivo delle Regioni costiere. I PGL, invece, coinvolgono direttamente gli operatori della pesca costiera nel raggiungimento delle finalità preposte, soprattutto attraverso iniziative volontarie di riduzione dello sforzo di pesca, di adozione di tecniche di pesca più selettive ed anche di attrezzi più selettivi.
Quindi, siamo in presenza di operazioni che hanno come finalità il perseguimento di interessi collettivi di una determinata categoria produttiva e, pertanto, tali operazioni devono concretizzarsi in azioni che giovino ad un gruppo di beneficiari puntando a raggiungere obiettivi di comune interesse comprese le economie di scala.
È evidente che la chiave indispensabile per la riuscita di tali Piani era di istituire una governance appropriata che consentisse soprattutto agli operatori interessati una partecipazione adeguata e tempestiva nell’ambito dei processi decisionali. I Consorzi di produttori (COGEPA) all’uopo costituiti in Italia hanno dovuto affrontare innanzitutto il difficile compito della prevenzione e della gestione di eventuali conflitti tra gli operatori appartenenti ad una o a più marinerie esercitanti la pesca nella fascia costiera di appartenenza ed utilizzanti vari sistemi di pesca, seguito dall’articolato iter per far decollare i singoli piani che ha richiesto diversi anni prima che essi vedessero finalmente la luce con l’atto finale dell’emanazione delle apposite Ordinanze esecutive da parte delle Autorità Marittime. In alternativa alla costituzione di appositi consorzi, le iniziative potevano essere attuate da Organizzazioni di Produttori (O.P.), laddove esistenti e riconosciute ai sensi della specifica normativa comunitaria in materia, con il vantaggio di essere già dotate sia di una struttura amministrativa che del possesso di un notevole bagaglio di esperienze nel settore.
Un ruolo predominante nei Piani di gestione è svolto dalla Ricerca scientifica, sia nella pregressa fase di proposta delle iniziative che in quella di successivo monitoraggio, con la necessità di una concreta sinergia con le realtà produttive locali attraverso il trasferimento e la successiva condivisione delle conoscenze scientifiche volte a minimizzare le resistenze soprattutto culturali presso le marinerie interessate.
Accanto a queste azioni collettive che hanno la possibilità di incidere direttamente sulla fase produttiva della pesca, l’UE ha ritenuto di dovere apportare un valore aggiunto ad esse attraverso il sostegno a forme di partenariato, di cui si è già accennato in precedenza, che devono interessare le autorità regionali, locali e altre autorità pubbliche, altri organismi appropriati compresi quelli responsabili dell’ambiente, e le parti economiche, il tutto nel pieno rispetto delle norme e delle organizzazioni interne agli Stati membri. L’obiettivo è quello del raggiungimento di uno sviluppo sostenibile delle comunità di pesca attraverso l’adozione di Piani di Sviluppo Locale delle zone di pesca interessate, nel quadro più generale della PCP. Pertanto abbiamo assistito alla nascita dei Gruppi di Azione Costiera (GAC) con rappresentanti di partner pubblici e privati dei vari settori socio-economici locali affinché si addivenisse ad una strategia integrata di sviluppo locale. Tale strategia dovrebbe essere finalizzata a dare uno slancio alle comunità locali ed al relativo territorio attraverso, in particolare, la creazione e il potenziamento di infrastrutture per agevolare la logistica degli operatori, la valorizzazione dei prodotti ittici locali, la qualificazione del patrimonio ambientale e l’ampliamento dell’offerta turistica del territorio.
Questo indirizzo comunitario della istituzione di “gruppi” per l’attuazione di uno sviluppo locale per la pesca si è poi perfezionato con il successivo Fondo europeo per la politica marittima (FEAMP) per il periodo 2014/2020 sulla spinta di un’altra norma comunitaria che aveva sancito il principio generale di uno sviluppo locale di tipo partecipativo sostenuto dai vari Fondi SIE, tra i quali è compreso il FEAMP. Pertanto, nel caso del FEAMP sono stati designati i gruppi di azione locale nel settore della pesca, denominati con l’acronimo in lingua inglese FLAG (Fisheries Local Action Group) che oltre le zone costiere possono anche ricomprendere zone interne adiacenti, per uno sviluppo sostenibile ed inclusivo delle comunità che dipendono dalla pesca. I FLAG si possono considerare come una evoluzione dei preesistenti GAC e rispondono maggiormente agli schemi della Strategia marittima Europea e pertanto l’UE ha ritenuto di dovere intervenire anche per fissare sia gli aspetti organizzativi che quelli operativi a cui tali gruppi devono conformarsi garantendone la loro uniformità. Inoltre, è stata innescata una maggiore selettività delle iniziative che possono essere intraprese da tali gruppi, che devono rispecchiare le reali esigenze locali, nonché una maggiore responsabilizzazione al raggiungimento degli obiettivi per i quali sono stati costituiti.
In definitiva l’UE si è mossa sulla strada di una maggiore trasparenza sull’attività di questi gruppi e sulla loro reale incidenza sull’economia locale al fine di evitare il rischio di dispersione di risorse pubbliche. Infine, con l’ultimo FEAMPA, in fase di attuazione, l’UE ha aggiunto la condizione che da queste iniziative di tipo partecipativo si abbia la garanzia che le comunità locali possano sfruttare più efficacemente e possano trarre vantaggio dalle opportunità offerte dall’economia blu sostenibile, mettendo a frutto e valorizzando le risorse umane, sociali, culturali e ambientali.
In conclusione, se in passato il settore della pesca era stato considerato come un mondo a sé stante, adesso si ha la percezione, sia all’interno che all’esterno, di un forte coinvolgimento sia istituzionale che di tipo associazionistico per far sì che la pesca locale possa fungere da volano per la valorizzazione del territorio costiero.
La bussola. La promozione della UE di “azioni collettive” e di modelli di tipo “partecipativo” per lo sviluppo delle zone costiere
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