Con l’arrivo dell’estate scatta puntualmente l’allarme per le meduse rinvenute sulla spiaggia o nei mari italiani. Inoltre, negli ultimi tempi, sui giornali sono anche aumentati gli articoli che comparano una busta di plastica ad una medusa e ciò per far capire che le differenze non sono così evidenti ed è per questo che, ad esempio, le tartarughe marine mangiano attivamente la plastica senza rendersene conto. Si pensi che all’Acquario di Genova in una mostra era stata esposta la temutissima “medusa killer”, Plasticobursa medusoides, che altro non era che un sacchetto di plastica per poter sensibilizzare il pubblico in modo più impattante.
Tuttavia, se già tutto ciò non fosse un pericolo per l’ambiente, è stato pubblicato ad aprile 2018 sulla rivista Scientific reports un articolo da parte di alcuni ricercatori italiani in cui si sono osservate delle meduse del genere Pelagia con detriti di plastica catturati o inghiottiti. L’interazione tra plastica e medusa non sembra, perciò, “passiva”, ma sembra che volontariamente l’animale catturi la “preda” per inghiottila. Le meduse, in generale, hanno sulle braccia gli cnidociti, che sono cellule altamente specializzate che presentano un “arpione”, con cui iniettano il veleno urticante nella preda. L’attivazione di queste cellule avviene attraverso un segnale da parte dei meccanocettori. Grazie a ciò, le meduse sono in grado di distinguere tra cibo commestibile e non, ma la plastica sembra avere delle sostanze fago-stimolanti che fanno scambiare questi detriti come cibo. Le meduse, quindi, mangiano la plastica come atto volontario e non come errore, anche se il motivo esatto di tale sbaglio non è ancora noto, ma sarà soggetto di ulteriori indagini. Lo studio stesso, infatti, afferma: “Le meduse si sono dimostrate un ottimo modello: sono semplici da usare in laboratorio e sembra proprio che amino tantissimo la plastica”
Questo ha fortissime ripercussioni per l’ambiente, poiché pesci, uccelli acquatici e tartarughe, anche quando non mangiano buste di plastica scambiandole per meduse, introducono comunque plastica nel loro corpo e in particolare nei loro stomaci. Proprio per questo motivo, esemplari di tonno e pescespada che giungono alla nostra tavola potrebbero aver ingerito enormi quantitativi di plastica.
Armando Macali dell’Università della Tuscia ha, quindi, chiesto un supporto a chiunque: in caso di avvistamento di una o più meduse notare se nelle vicinanze è presente della plastica e, se si ha la possibilità, scattare alcune fotosub da inviare al gruppo di ricercatori. In questo modo, ognuno di noi può dare un piccolo contributo per comprendere meglio come si sta adattando e trasformando il nostro mare dopo l’avvento della plastica.
Luna Lorito
Bibliografia: Macali A., Semenov A., Venuti V., Crupi V., D’amico F., Rossi B., Corsi I., Bergami E. (2018). Episodic records of jellyfish ingestion of plastic items reveal a novel pathway for trophic transference of marine litter. Scientific Reports, (8), articolo 6105.