Il Piano di Gestione per il Mediterraneo occidentale prevede, nelle intenzioni della Commissione Europea che tra l’altro ha già elaborato la proposta da sottoporre al Consiglio, una importante riduzione dello sforzo di pesca consentito: addirittura del 15%.
Si tratta, a parere di UNCI Agroalimentare, di un proposta a cui il Governo italiano deve opporre un deciso no. Per il ceto peschereccio italiano si tratterebbe infatti di un colpo ferale: dopo la riduzione dello sforzo di pesca del 10% di quest’anno e la tremenda crisi economica dovuta alla contingente crisi sanitaria, l’ulteriore riduzione (che per l’Italia si attesterebbe intorno al 17%), segnerebbe una situazione di non ritorno per l’intero comparto.
Questa proposta della Commissione Europea inoltre ci sembra non in linea con quelli che sono i principi ispiratori della Politica Comune della Pesca e cioè assicurare una gestione responsabile dell’attività della pesca garantendo non solo la sostenibilità ambientale ma anche quella economica e sociale.
“Il comparto è in stato di agitazione, legittimamente direi. In realtà le nostre imprese sono in sofferenza da molto tempo e i nostri pescatori protestano, in maniera pacifica già da un po’. La proposta della Commissione si tradurrebbe, per lo strascico italiano, in meno di 170 giornate lavorative annue: il collasso per le imprese di pesca, con costi di gestione di gran lunga superiori ai guadagni. Come ormai affermo da lungo tempo, propedeutica a qualsiasi nuova iniziativa che vada nelle direzione di nuove riduzioni, sarebbe la disamina e la valutazione scientifica degli impatti delle misure di gestione già in atto. Mi appello dunque alle Istituzioni italiane preposte: davvero bisogna fare qualcosa per salvare il comparto della pesca; comprendiamo l’obiettivo di salvaguardia e tutela del mare e della risorsa che si pone l’Europa, ma vanno tutelati anche tutti i nostri pescatori e la loro attività”.
Così Gennaro Scognamiglio, presidente nazionale UNCI Agroalimentare.