Cresce la consapevolezza della onnipresenza di microplastiche negli oceani di tutto il mondo, ma sorprendentemente poca è la conoscenza circa il loro potenziale effetto sulla fauna marina. Una delle proprietà della plastica è la sua durata nel tempo, ma questo è anche un fattore negativo se lo si associa alla grande quantità di plastica, soprattutto a quella presente in particelle di piccole dimensioni, presente nei nostri oceani, essa rappresenta un rischio per la salute umana e per quella dell’ambiente. Il termine microplastiche è stato introdotto negli ultimi dieci anni per descrivere i piccoli pezzi di plastica trovati in mare, comunemente inferiori a 5 mm di diametro.
Le materie plastiche spesso contengono sostanze chimiche aggiunte durante la produzione e in grado di assorbire e concentrare gli agenti inquinanti come pesticidi e inquinanti organici persistenti tra cui i bifenili policlorurati (PCB) dall’acqua di mare circostante. Ci sono prove emergenti del trasferimento di sostanze chimiche nei tessuti da particelle di plastica ingeriti dai pesci. Secondo Adventurers and Scientists for Conservation (ASC), dove è in corso una iniziativa globale sulle microplastiche, diverse particelle sono state trovate nella maggior parte dei campioni marini raccolti da luoghi lontani come Maine, Alaska, Argentina, Thailandia e l’Antartide. Polimeri artificiali sono stati trovati in habitat marini profondi fino ai 5.755 metri nel Pacifico nord-occidentale. L’organizzazione sta espandendo la sua ricerca nei corsi di acqua dolce, nella speranza di individuare i principali fattori di inquinamento, con l’obiettivo di arrestarli alla fonte. Tuttavia, anche se il littering (malcostume di abbandonare rifiuti urbani) è stato fermato del tutto, l’alterazione di particelle più grandi già presenti nell’ambiente marino continuerà a produrre particelle microplastiche per molti anni a venire.
Le fonti e gli effetti delle particelle microplastiche sugli ecosistemi marini sono stati recentemente rivisti dal Joint Group of Experts on the Scientific Aspects of Marine Environmental Protection (GESAMP) un organo consultivo delle Nazioni Unite, in un rapporto pubblicato dall’International Maritime Organisation. La relazione ha rilevato che le particelle microplastiche vengono ingerite da specie a tutti i livelli della catena alimentare marina, dal plancton alla fauna macro. Si trovano anche nello stomaco dei pesci e uccelli. Sono state registrate interazioni con le comunità batteriche e algali, ed è stato dimostrato l’assorbimento attraverso le branchie di particelle molto fini (8-10 micron) in granchi da riva. È stata provata la presenza di microplastiche nei tessuti o fluidi di filtratori. Willian Lart, consulente di Seafish, un ente pubblico non ministeriale che sovrintende l’industria ittica nel Regno Unito, ha condotto un’analisi delle lacune sulle informazioni. Lart crede che un maggiore sforzo deve essere fatto per indagare sulla possibile contaminazione per l’uomo attraverso una dieta che comprende il consumo di pesci e molluschi e che ci sia la necessità di avere più informazioni circa gli effetti delle sostanze inquinanti sugli ecosistemi e la biodiversità. Le indagini di microplastiche nei pesci fino ad oggi si sono concentrate sul contenuto intestinale, piuttosto che sul tessuto muscolare, ma gli studi attualmente in corso non stanno trascurando quest’ultimo aspetto molto importante. Per quanto riguarda l’ingestione umana di microplastiche, gli studi hanno rinvenuto che minuscole particelle di plastica possono muoversi attraverso la parete dell’intestino umano, e gli studi sperimentali sugli esseri umani e sui roditori indicano che gli effetti avversi possono iniziare ad emergere a causa di interazioni con cellule e tessuti di particelle di meno di un quarto di millimetro (250 micron).
L’istituto di ricerca norvegese Nofima, ha appena intrapreso un progetto di quattro anni per studiare come le particelle microplastiche assorbono i contaminanti ambientali, come queste influenzano la catena alimentare del merluzzo, e gli effetti sui pesci. Secondo il rapporto GESAMP, la consapevolezza dei potenziali impatti ecologici, sociali ed economici negativi delle microplastiche è molto meno sviluppata rispetto al problema dei macro-rifiuti. Il rapporto raccomanda l’impegno efficace a tutti i livelli della società, nel tentativo di aumentare la consapevolezza e promuovere il cambiamento del comportamento. Secondo l’organizzazione, aumentare la consapevolezza sull’effetto negativo delle microplastiche è necessario per salvaguardare la salute del ecosistema marino così come la salute umana.