Nel panorama del welfare alternativo potrebbe presto affacciarsi anche la pesca; un settore in grado di offrire una doppia opportunità, per la società come strumento di riabilitazione e inclusione di categorie svantaggiate ed economica per l’imprenditore ittico.
L’articolo 16 del Collegato agricolo, all’esame in queste settimane nella Commissione agricoltura della Camera, parla infatti di ”Disposizioni per il sostegno della pesca sociale e lo sviluppo dei prodotti provenienti da filiera corta agricola e ittica”. Un capitolo da riempire di contenuti, spiega l’Alleanza delle cooperative della pesca, a cui si guarda con molto interesse. ”Il concetto del sociale è insito nel mondo della cooperazione – ha spiegato all’Ansa Paolo Tiozzo, coopresidente dell’Alleanza delle cooperative della pesca – e lo dimostrano le tante coop attive in questo settore”. La pesca sociale potrebbe quindi tradursi nel reinserimento delle categorie svantaggiate nel lavoro in mare e a terra, il che andrebbe a coniugare il concetto di solidarietà ad un necessario ricambio generazionale non facile. ”Potrebbe aiutare a dare un futuro ad un settore in crisi da tempo – conclude Tiozzo – e questo in chiave di multifunzionalità, fattore indispensabile per far quadrare i conti delle imprese”. Secondo un’indagine dell’Alleanza, una impresa cooperativa su quattro si dice disponibile ad accogliere categorie svantaggiate nelle proprie attività, in cambio di una politica fiscale che agevolerebbe il costo del lavoro. Insomma un welfare ittico che ben si coniugherebbe, secondo l’Alleanza, alle attività in mare aperto ma anche a quelle di trasformazione e di acquacoltura, settore che in questi anni sta facendo strada visto che i consumi pro capite di pesce sono quasi raddoppiati negli ultimi 50 anni, passando secondo dati Fao, da 10 kg a 19 kg.