Il pesce è il prodotto alimentare più scambiato al mondo e, negli ultimi dieci anni, le segnalazioni di etichettatura errata dei prodotti ittici sono aumentate. Kailin Kroetz, ricercatrice dell’Arizona State University, e i suoi colleghi, hanno analizzato l’impatto dell’etichettatura errata dei prodotti ittici sulla salute della popolazione marina, sull’efficacia della gestione della pesca e sugli habitat e gli ecosistemi negli Stati Uniti, il più grande importatore di prodotti ittici del mondo.
I risultati dello studio sono stati pubblicati negli Atti della National Academy of Sciences.
Lo studio ha rilevato che ogni anno negli Stati Uniti vengono vendute circa 190.000-250.000 tonnellate di pesce con etichette errate, ovvero dal 3,4% al 4,3% del pesce consumato. Nel 28% dei casi è emerso che il pesce proveniva da paesi con leggi meno attente all’ambiente rispetto agli Stati Uniti.
“Negli Stati Uniti, siamo davvero molto bravi a gestire la nostra pesca”, ha sottolineato Kroetz. “Abbiamo fissato un limite di cattura. Abbiamo forti capacità di monitoraggio e applicazione per supportare i pescatori che osservano le limitazioni. Ma molti paesi da cui importiamo non hanno la stessa capacità di gestione”.
Dallo studio è emerso che le specie utilizzate per la sostituzione, spesso di valore economico più basso, provenivano da attività di pesca con prestazioni peggiori in termini di impatto sulla popolazione per l’86% delle volte. La metrica dell’impatto sulla popolazione ha tenuto conto dell’abbondanza di pesce, della mortalità, delle catture accessorie e dei rigetti, ovvero il pesce rigettato in mare dopo essere stato catturato.
Come minimo, l’etichettatura errata del pesce compromette una buona gestione della popolazione e, di conseguenza, una pesca sostenibile.
Le conseguenze sull’ambiente di una errata etichettatura dovrebbero scuotere i consumatori spingendoli a mangiare solo pesce locale sostenibile.
“Il consumo di pesce proveniente da un’attività di pesca non dovrebbe avere un impatto negativo in termini di popolazione ora o in futuro se la gestione è buona. Ma lo stesso non si può dire se si consuma pesce proveniente da attività di pesca mal gestite”, ha detto Kroetz.