Il settore ittico italiano è al collasso. Lo sanno bene gli operatori del settore, ne hanno consapevolezza le Istituzioni , ne devono essere informati i consumatori.
I consumatori sono la chiave di volta per questa emergenza; sono i consumatori che possono decretare un cambiamento di rotta in questo mare così agitato.
Scoppiata la crisi sanitaria, quella del settore ittico ha avuto inizio con le presenze ridimensionate nei ristoranti e nelle strutture similari; è arrivata poi la chiusura definitiva di queste attività e il conseguente crollo della domanda di prodotto. Le imprese e i pescatori, d’ improvviso, hanno dovuto fare i conti con una estrema difficoltà nel collocare il pesce sul mercato. Si usciva in mare, si pescava, ma una volta a terra nessuno più comprava. Per un po’ si è sperato con la vendita al dettaglio, tra pescherie e supermercati. La speranza è durata poco: in tempi di crisi sono cambiate, in maniera del tutto ingiustificata, le abitudini alimentari delle famiglie italiano.
Il pesce fresco non viene più acquistato, rimane invenduto; i pescherecci sono costretti a fermarsi. In tempo di crisi gli italiani comprano per conservare e quindi non scelgono più il pesce fresco ma quello surgelato. Acquistare prodotto surgelato significa acquistare prodotto estero; ragionando in cifre si può affermare che circa il 90% del pesce surgelato proviene da paesi stranieri: un dato mortale per la pesca italiana. Settore in crisi profonda, pescatori senza lavoro, soluzioni buone ma insufficienti e comunque non risolutive. Utile la cassa integrazione prevista anche per i pescatori rimasti senza lavoro, necessario il fondo per risarcire le imprese costrette alla temporanea inattività, opportuna l’estensione delle esenzioni anche al settore pesca.
“I nostri pescatori più che alla ricerca di sostegni al reddito, sono alla ricerca di lavoro, vogliono riprendere a pescare e quindi a guadagnare. Probabilmente vanno create le condizioni di mercato affinché questo possa accadere” afferma Gennaro Scognamiglio presidente nazionale UNCI Agroalimentare.
“Va promosso e incentivato il consumo di pesce fresco e quindi di pesce italiano. In attesa di un ritorno alla normalità e dunque della riapertura dei ristoranti e di ogni altra struttura ricettiva che offre anche servizio di somministrazione pasti, sono i consumatori che devono compare e consumare pesce fresco. Nei supermercati e anche nelle pescheria deve sparire il surgelato estero lasciando il posto al pescato fresco italiano. Aggiungiamo che un eccellente prodotto fresco può essere congelato a casa e consumato successivamente. Si deve mettere in moto un meccanismo che possa riportare in mare i nostri pescatori. Le varie misure previste eccezionalmente dal Governo devono servire a integrazione non da introito unico. Meglio lavorare, di meno ma lavorare”, prosegue Scognamiglio.
“UNCI Agroalimentare fa appello ai gestori dei mercati ittici, ai responsabili dei supermercati e poi ai consumatori. Diamo vita a una sorta di circolo virtuoso che potrebbe accompagnare il settore verso la ripresa. Mandiamo a lavorare i nostri pescatori; nei mercati e nei supermercati sostituiamo i surgelati con prodotti ittici freschi; ‘costringiamo’ gli italiani a comprare pesce fresco Made in Italy. Servono le misure economiche a favore delle imprese, servono i sostegni ai lavoratori ma servono anche appropriate scelte di mercato e opportune campagne promozionali. Insieme ce la possiamo fare”, conclude il presidente nazionale UNCI Agroalimentare.