Sono stati da poco nominati i commissari che andranno a formare il nuovo esecutivo comunitario. Gli addetti ai lavori hanno subito rilevato una circostanza significativa: le competenze relative al settore pesca sono di pertinenza del “Commissario all’Ambiente e agli Oceani”.
Non solo è completamente scomparso il termine “pesca” ma già nella definizione stessa del portafoglio si evince quello che è l’orientamento del nuovo esecutivo per quanto riguarda il tema “mare”.
Un orientamento tutto teso a privilegiare la sfaccettatura ambientalistica della risorsa a discapito di tutto ciò che essa invece può significare come opportunità economica.
Tutta l’attenzione sembra essere concentrata sulla sostenibilità ambientale più che sulle questioni socio/economiche. Il neo commissario all’ambiente e agli oceani infatti lavorerà sotto l’egida del vicepresidente esecutivo per il GREEN NEW DEAL che avrà la competenza anche per l’acquacoltura.
“Come associazione di categoria non possiamo non esprimere perplessità e preoccupazioni per queste novità che chiaramente non rimangono solo a livello di definizione ma che secondo noi avranno non poche ripercussioni sul comparto ittico europeo e soprattutto italiano” – afferma Gennaro Scognamiglio presidente nazionale di UNCI Agroalimentare – “Ci rendiamo conto che il tema della sostenibilità ambientale è particolarmente caro alla Commissione Europea. Lo è anche per noi addetti ai lavori che però esigiamo anche attenzione per quello economico e sociale”.
“Il nuovo presidente della Commissione Europea ha dichiarato che la pesca deve diventare più sostenibile e per fare ciò bisogna abbattere il più possibile le catture. – Aggiunge Scognamiglio – Si tratta di un concetto pericoloso, soprattutto per l’Italia che è prima dei paesi mediterranei proprio per il valore delle catture. Il Mar Mediterraneo è il mare più pescato al mondo; nei paesi che si affacciano su questo mare la pesca si è sviluppata prima ancora dell’agricoltura: è enorme dunque la sua portata socio/economica. Parliamo di una pesca artigianale multispecifica che si basa soprattutto sulla manodopera e che proprio per questo consente di evitare situazioni che potrebbero determinare importanti depauperamenti della risorsa ittica”.
“Le misure restrittive applicate all’attività di pesca più che salvaguardare la risorsa, fino ad ora hanno inciso sui numeri dell’occupazione. – Prosegue il residente di UNCI Agroalimentare – A pagare di più sono state soprattutto le marinerie italiane. Ci auguriamo dunque che non vengano stabiliti divieti totali e definitivi o drastici abbattimenti di catture. Riteniamo che sia opportuno evitare limitazioni nette all’attività di prelievo che avrebbero come conseguenza perdita di posti di lavoro; riteniamo invece necessario elaborare piani di gestione che ad esempio limitino la mortalità dei pesce e che assicurino la sopravvivenza di quelli più giovani , che hanno maggiori possibilità di riprodursi e contribuire alla conservazione della risorsa ; per gli stessi motivi consideriamo utile, seppur da migliorare, il sistema dei fermi temporanei; riteniamo efficace , anche questo da ritoccare , il sistema dei consorzi di gestione”.
“L’Europa deve lavorare e agire in maniera informata. – Conclude Scognamiglio – Ci auguriamo che il nuovo esecutivo europeo non sottovaluti l’importanza economica che l’attività di pesca ha per molti paesi dell’unione. Lo stesso che ci aspettiamo dal nostro nuovo governo nazionale. Tutti vogliamo tutelare il mare; tutti dobbiamo tutelare il mare e i posti di lavoro”.