Il salmone è uno tra i prodotti ittici più consumati negli Stati Uniti, ma purtroppo non è estraneo alle frodi.
Infatti, in un rapporto pubblicato la scorsa settimana da Oceana, organizzazione internazionale a difesa degli oceani, è emersa la diffusa abitudine di etichettare in modo incorretto questo gustoso pesce. Da 82 campioni di salmone che Oceana ha prelevato da negozi di alimentari e ristoranti, è risultata una etichettatura non regolare. Secondo tale analisi, sarebbe stato maggiormente probabile che i consumatori venissero ingannati nei ristoranti piuttosto che nei negozi di alimentari, con una proporzione del 67% contro il 20%.
In buona parte dei casi, il raggiro avviene nella misura in cui salmone d’allevamento viene venduto come catturato in natura e ciò succede soprattutto in Virginia, Washington D.C., Chicago e New York City.
In America la pesca del salmone selvatico è una tra le meglio gestite al mondo. Tramite le quantità catturate, i pescatori riuscirebbero a soddisfare l’80% della domanda nazionale, ma circa il 70% del pescato finisce per essere esportato. Ciò fa si che nel mercato locale si faccia spazio il salmone d’allevamento, spesso più economico ma di inferiore qualità.
L’allevamento di salmone rimane una questione controversa. Oceana ed altre organizzazioni hanno criticato l’allevamento di salmone per lo smodato uso di antibiotici e per una serie di incidenti avvenuti nel corso degli ultimi decenni, tra cui massicce fughe di salmone e epidemie di pidocchi di mare.
Altra questione importante è la grande quantità di ‘pesce foraggio’ necessaria per nutrire il salmone d’allevamento. Questa pratica contraddice il concetto di tutela degli oceani e nutrizione, e rappresenta uno spreco di buon pesce ricco di proteine che potrebbe essere destinato direttamente all’alimentazione delle persone.
Le frodi di pesce si estendono, comunque, per larga parte del territorio americano, inducendo il consumatore ad acquistare un prodotto che si rivelerà poi essere diverso da quello che pensava. Ciò potrebbe comportare anche rischi per la salute: pensiamo infatti a donne in gravidanza, che inconsapevoli, sarebbero portate a subire delle ripercussioni causate da questo tipo di truffa.
L’azione di Oceana, tramite le sue campagne di protesta, e del governo sono state però efficaci.
Ricordiamo la Task Force federale commissionata dal presidente Obama per combattere la pesca illegale e non regolamentata nel 2014.
Prevenire, però, è meglio che curare. Secondo Oceana, infatti, il consumatore per primo deve informarsi sull’origine del pesce che sta mangiando, sul suo metodo di pesca e sulla tracciabilità, supportando così l’attività dell’organizzazione volta ad assicurare l’incolumità dei mari e la salute delle persone.
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