Istituita diciotto anni fa, esattamente nel 1998, la Giornata mondiale della Pesca si celebra ogni 21 novembre con l’intenzione di focalizzare l’attenzione sugli aspetti sociali, economici e culturali che riguardano la comunità della pesca, sulle questioni relative a sostenibilità, sovrasfruttamento delle risorse, habitat marino e problematiche ambientali.
Diversi gli aspetti, differenti le prospettive, uguali gli obiettivi: ridare dignità agli operatori del comparto, sanare gli oceani e portare gli stock ittici a livelli sostenibili.
Il mondo intero, 365 giorni l’anno, si mobilita a supporto delle varie tematiche, ognuno per la propria competenza. Le varie Ong, dal WWF ad Oceana, non distolgono lo sguardo dalle criticità in cui versano i mari e gli stock ittici. ONU e Greenpeace mettono in guardia su sicurezza, lavoro nero, schiavitù e sfruttamento minorile nel settore ittico.
Poi ci sono i governi che legiferano, le associazioni di categoria e le istituzioni di varia natura che monitorano il settore: uomini, mezzi, habitat. Una vera e propria task force che sembra però non sortire i risultati sperati. Oggi il mare è malato, la pesca soffre, i pescatori affondano.
Scienza, politica, e le varie componenti sociali spesso, pur perseguendo lo stesso risultato, si scontrano supportando ognuno la propria teoria.
Il 21 novembre di ogni anno i riflettori si accendono su tematiche che interessano ognuno di noi tutti i santi giorni e quest’anno anche la Santa Sede interviene, con un convegno organizzato insieme alla FAO (La violazione dei diritti umani all’interno del settore della pesca e di quella illegale, non dichiarata e non regolamentata), attraverso il quale si appellerà a tutte le parti sociali interessate, dall’industria ittica alle organizzazioni internazionali, affinché si ponga maggiore attenzione al rispetto e alla tutela del lavoratore.
La pesca oggi? Punti di vista! Interessi economici di diverse entità.
Guardiamo ai mari come fonte di cibo per gran parte dell’umanità, ma anche come fonte di guadagno per milioni di persone, tra queste c’è chi sopravvive, c’è chi specula, c’è chi sfrutta, c’è chi distrugge. Oggi assistiamo alla diatriba tra pesca industriale, palesemente favorita sotto tutti gli aspetti, e pesca artigianale, i cui lavoratori, come definito anche nel Codice di Condotta per una Pesca Responsabile della FAO, svolgono il lavoro più pericoloso al mondo.
Quello del pescatore è un mestiere che merita considerazione, riconoscimento e maggiore attenzione. Al pescatore che del mare vive e nel mare vive, spetterebbe più autorità e maggior credito nell’ intervenire in discussioni di interesse settoriale. A lui, supportato da ricercatori e scienziati, competerebbe il potere decisionale su modalità di recupero degli stock ittici, fermi biologici ed eventuali TAC.
Non dimentichiamo che nessuno più del pescatore ha bisogno di un mare in perfetta salute e di un sistema pesca efficiente perché se si estinguono i pesci, si estinguono i pescatori.
Candida Ciravolo