L’acquacoltura rappresenta il settore produttivo di alimenti di origine animale a più rapida crescita a livello globale. Tale crescita è a carico soprattutto dei paesi asiatici, che producono circa l’88% dei prodotti di acquacoltura, mentre la produzione europea rappresenta soltanto l’1,9%. La produzione di acquacoltura nell’UE28 dal 1992 a oggi è aumentata del 25%, anche se dal 2002 è diminuita dell’1%. In generale, in Europa l’importanza dell’acquacoltura nel comparto ittico è aumentata, per la riduzione di circa il 40% delle catture di pesca negli ultimi 20 anni più che per una crescita dei volumi di produzione d’acquacoltura (Fig.1.7). Nel 2012 l’acquacoltura contribuisce al 20% circa dei prodotti ittici nell’UE28, con una produzione di 1,108 milioni di tonnellate (70% dei quali proveniente da prodotti ittici e il 30% da molluschi), e un valore di 3,365 miliardi di euro (Eurostat). I principali Paesi produttori di acquacoltura sono la Spagna (24%), la Francia (19%), il Regno Unito (19%), la Grecia (10%), che insieme rappresentano circa il 71% della produzione complessiva europea (Fig. 1.9). Tuttavia, se si considera il valore della produzione, il Regno Unito è il primo produttore (22%), seguito dalla Francia (21%), dalla Spagna (12% circa) e dalla Grecia (13%) (Fig. 1.10). I molluschi bivalvi (mitili, ostriche e vongole) sono predominanti in Spagna, Francia e Italia. Il Regno Unito produce principalmente salmoni, mentre la Grecia produce principalmente branzini e orate. Il basso valore della produzione della Spagna, che ha i maggiori volumi produttivi, è proprio legata al limitato valore di mercato dei mitili. La produzione europea si concentra principalmente su quattro specie: mitili, trote, salmoni e ostriche, e altre produzioni quali il branzino, l’orata e il rombo.
Il valore aggiunto nel 2012 è di circa 1,247 miliardi di euro, con i contributi maggiori da Francia (37,5%), Regno Unito (17,9%), Italia (15,9%) e Spagna (9%) (Tab. 1.8). La maggior parte delle imprese in Europa sono micro-imprese, spesso famigliari e con meno di dieci dipendenti, che usano tecniche e metodi di produzione estensiva. In generale, la molluschicoltura richiede maggiori unità di forza lavoro rispetto all’acquacoltura d’acqua dolce e alla maricoltura.
Per far fronte alla stabilità della produzione dell’acquacoltura dell’Europa, che è il continente dove si registrano il maggior numero di scambi commerciali e il più alto consumo di prodotti ittici, la nuova Politica Comune della Pesca (PCP), nel contesto più ampio della Crescita Blu e della Strategia Europea 2020, promuove l’aumento delle produzioni dell’acquacoltura, la riduzione della dipendenza dalle importazioni e lo sviluppo nelle aree costiere e rurali. La Commissione ha pubblicato una serie di orientamenti strategici che illustrano le priorità comuni e gli obiettivi generali a livello dell’UE. In particolare, nel COM/2013/229 vengono individuati quattro settori prioritari di intervento:
– ridurre gli oneri amministrativi
– migliorare l’accesso agli spazi e alle acque
– aumentare la competitività
– sfruttare i vantaggi concorrenziali grazie ad elevati standard qualitativi, sanitari e ambientali.
Per promuovere l’acquacoltura, i paesi dell’UE sono invitati a definire piani pluriennali, mentre la Commissione favorirà il coordinamento e lo scambio delle migliori pratiche.
Fonte: Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria