Sostenibilità, innovazione, gestione della filiera pesca. Passa da qui la sfida per riprogrammare il futuro della pesca italiana, chiamata a fare i conti con la diminuzione dei giorni di pesca, delle barche e degli occupati. “Per evitare che tra quindici anni sulle nostre tavole ci siano solo vongole del Pacifico e gamberi vietnamiti, con le nostre barche vuote e ferme in porto perché nessuno vuole fare più il pescatore, occorre un cambio di registro” afferma l’Alleanza Cooperative pesca in occasione dell’assemblea delle cooperative agroalimentari e della pesca.
“Il 75% della produzione ittica nazionale – spiega l’Alleanza – percorre meno di 25 chilometri dal momento dello sbarco a quello della vendita, lasciando all’import, soprattutto extra Ue, il compito di coprire la quasi totalità dell’offerta commerciale nella media e grande distribuzione, nella ristorazione collettiva. Delle oltre 90 specie pescate -prosegue l’Alleanza- solo una decina prendono un aereo per raggiungere il principale mercato ittico italiano, ovvero, Milano. Sono solo 6, dal tonno alle acciughe, passando per i fasolari e le vongole, quelle che riescono a varcare i confini nazionali. Pochi dati che rendono bene l’idea che qualcosa non va e va cambiato”.
Per la cooperazione, nessuna formula magica ma ingredienti concreti come le organizzazioni dei produttori, in grado di aggregare e organizzare una offerta ancora troppo frammentata. Le nuove tecnologie per facilitare la trasformazione dei prodotti ittici, e dare nuova vita e più valore commerciale ad un prodotto che per il 90% ora è destinato solo al mercato del fresco. E poi, un salto di qualità che viene chiesto agli operatori che non possono più solo essere pescatori ma devono diventare a tutti gli effetti imprenditori ittici, gestire la filiera invece di essere, spesso, l’anello più debole.
“Dalla guerra alla plastica, che vede i pescatori schierati in prima linea, alle opportunità di sviluppo legate alla blue economy, un aumento dell’interesse dei consumatori verso i prodotti ittici, in particolare quelli nazionali, mai come ora, l’attenzione verso il mare, il suo ecosistema e le attività economiche che ruotano attorno ad esso, è stato così forte nell’opinione pubblica. La pesca da tutto questo potrebbe trarre stimoli importanti. Il concetto che però deve passare è che la pesca non può vivere più solo di pesca”, sostiene l’Alleanza.
Nel tracciare la rotta verso il futuro, per la cooperazione è strategico delineare i tratti della pesca del futuro. “Occorre investire in ricerca, nello specifico in uno studio socioeconomico, in grado di proiettarci più in là delle emergenze attuali e capire come intervenire per cambiare indirizzo. Solo così eviteremo che le marinerie italiane si trasformino in un museo del mare diffuso dove barche e pescatori siano solo la testimonianza di un passato glorioso ma senza più un futuro. Noi siamo pronti a sostenere questo cambio di passo”, conclude l’Alleanza.