Chiesta alla FAO esclusione dei pesci carnivori dall’acquacoltura sostenibile – Oltre 160 gruppi hanno firmato una lettera indirizzata a Manuel Barange, responsabile della pesca della FAO, chiedendo l’esclusione dell’allevamento di pesci carnivori – come salmone, orata e spigola – dalla definizione di “acquacoltura sostenibile”. Questa iniziativa, organizzata dalla Fondazione Rauch, sottolinea la necessità di differenziare tra pratiche di acquacoltura realmente sostenibili e quelle dannose per l’ambiente marino.
Eva Douzinas, presidente della Fondazione Rauch, ha espresso preoccupazione per l’impatto dell’industria dell’acquacoltura sui nostri oceani. In occasione della Giornata Mondiale degli Oceani, ha evidenziato come le pratiche di allevamento ittico di specie carnivore siano insostenibili e distruttive per gli ecosistemi marini, esaurendo gli stock ittici selvatici e compromettendo la biodiversità.
Nonostante queste preoccupazioni, la FAO punta a una crescita del 75% dell’acquacoltura globale sostenibile entro il 2040. Nel frattempo, l’Unione Europea ha donato 1,2 miliardi di euro all’acquacoltura dal 2014, destinando una parte significativa di questi fondi agli allevamenti marini di pesci carnivori in Spagna, Italia e Grecia.
Catalina Cendoya, direttrice della Global Salmon Farming Resistance, ha sottolineato come gli allevamenti ittici industriali siano altamente inquinanti, creando zone morte intorno alle reti a causa delle grandi quantità di feci e rifiuti generati. Questo porta alla formazione di strati di melma che possono raggiungere i due metri di profondità, dimostrando che la regolamentazione attuale non è sufficiente a tenere sotto controllo questi impatti.
L’appello alla FAO
I firmatari della lettera chiedono alla FAO di spiegare come gli allevamenti di pesci carnivori possano essere considerati sostenibili, dato l’uso crescente di antibiotici e sostanze chimiche per controllare malattie e parassiti. Inoltre, l’allevamento ittico carnivoro consuma più pesce selvatico di quello prodotto, contribuendo a un trasferimento non etico di nutrienti dal Sud del mondo alle nazioni industrializzate.
Altre problematiche segnalate includono l’eutrofizzazione delle acque vicino agli allevamenti, la fuga dei pesci d’allevamento e i danni agli habitat bentonici come le praterie di Posidonia, che sono cruciali per la rimozione del carbonio dall’atmosfera.
Cendoya ha concluso con un appello a fare del 2024 l’anno in cui la FAO e l’UE intervengano per proteggere gli oceani e garantire la sostenibilità per le generazioni future. Ha invitato le persone di tutto il mondo a informarsi, a firmare la petizione contro gli allevamenti ittici e a smettere di acquistare pesce d’allevamento.
La lettera rappresenta un passo importante per sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni sull’impatto negativo degli allevamenti di pesci carnivori e sulla necessità di promuovere pratiche di acquacoltura realmente sostenibili.
Chiesta alla FAO esclusione dei pesci carnivori dall’acquacoltura sostenibile