È di recentissima emanazione il DL Cura Italia che tra le altre, prevede misure di sostegno economico anche per il comparto pesca. Segnale importante per gli addetti ai lavori che in un momento di assoluta incertezza non si sentono lasciati soli. Lo stesso però non si può dire per un segmento economico importante del settore, quello cioè rappresentato dall’acquacoltura e dalla mitilicoltura. Effettivamente provvedimenti più specifici sono necessari in quanto si tratta di attività il cui modus operandi segue tracce diverse rispetto a quelle dell’ attività di pesca tradizionale.
Anche gli allevamenti stanno registrando danni ingenti a causa delle restrizioni sociali e lavorative imposte dal Governo. Purtroppo non si vende più, il mercato è fermo: la chiusura dei ristoranti e di ogni altra struttura ricettiva ha paralizzato di netto le vendite che ormai sono quasi nulle vista anche la chiusura dei mercati ittici. Il prodotto ittico allevato dunque, come quello pescato, non trova più collocazione sul mercato, né nazionale né estero. Non ci vuole molto dunque a capire la portata dei danni che, va sottolineato, per gli allevamenti risultano molto più gravi se si fanno valutazioni a lungo termine e se si tengono in considerazione quelle che sono le peculiarità di questa attività.
Gli allevamenti hanno bisogno di smaltire il prodotto “maturo” per evitare quel sovraffollamento nei vivai che non garantisce le condizioni ottimali di vita di pesci e mitili. Di conseguenza risultano compromessi i processi riproduttivi e i successivi cicli di allevamento che si realizzano su tempistiche medie di 13/15 mesi. Dunque ragionare sui danni subiti dall’acquacoltura significa ragionare sul presente ma anche sul futuro. Da qui l’esigenza, per gli operatori del settore, di poter contare su diversi e ulteriori provvedimenti più calzanti.
“Sono momenti difficili. – Dichiara Gennaro Scognamiglio presidente nazionale UNCI Agroalimentare – Ci facciamo intermediari tra le Istituzioni e i nostri associati, tra i quali tantissimi acquacoltori e mitilicoltori che ci testimoniano difficoltà specifiche. Vogliamo cercare rimedi, soluzioni”.
“Per l’immediato – prosegue Scognamiglio – vista la mancanza di introiti, sarebbe cosa giusta la sospensione dei pagamenti del canone per le concessioni demaniali fino alla ripresa della ‘normalità’. Alcune misure contenute nel Dl Cura Italia sono applicabili anche alle imprese dedite all’allevamento ittico quindi a livello nazionale sono apprezzabili questi primi passi. A livello europeo qualcosa si può fare relativamente ai fondi FEAMP: potenziare le risorse delle misure destinate al settore e/o prevedere spostamenti di risorse tra misure per incentivare le attività in particolare sofferenza; opportuna sarebbe anche la proroga dei termini di scadenza per progetti la cui realizzazione è oggettivamente difficoltosa in questo momento. Chiaramente poi, facendo un discorso generalizzato speriamo, e ci adopereremo anche per questo , che arrivato il momento della ripresa, i nostri prodotti ittici sia quelli provenienti dalla pesca tradizionale sia quelli provenienti da allevamenti, abbiano la loro giusta collocazione sul mercato”.
“Deve essere incentivata la commercializzazione a livello prima nazionale e poi internazionale; le tavole dei nostri consumatori devono accogliere prodotti italiani. Il nostro Made in Italy non ha rivali”, ha concluso il presidente nazionale UNCI Agroalimentare.