Secondo recenti studi condotti da ricercatori della University of Western Australia e della University of British Columbia, le flotte industriali di pesca rigettano ogni anno circa 10 milioni di tonnellate di pesci. Lo studio rivela che, nell’ultimo decennio, quasi il 10 per cento del totale della cattura mondiale è stato scartato a causa della scarsa e inadeguata gestione della pesca.
“Il quantitativo equivale a gettare abbastanza pesce per riempire circa 4.500 piscine olimpiche ogni anno”, sostiene Dirk Zeller, della Sea Around Us – Indian Ocean at UWA, partner della ricerca. “Nell’attuale periodo di crescente insicurezza alimentare, questi risultati sono importanti”, ha detto Zeller. “I pesci scartati avrebbero potuto essere utilizzati meglio.”
La ricerca “Global marine fisheries discards: a synthesis of reconstructed data” è stata pubblicata su Fish & Fisheries.
Le imbarcazioni scartano una parte delle loro catture, poiché le pratiche di pesca eccessive danneggiano gli stock; i pesci sono troppo piccoli; la specie è fuori stagione; o per via di catture accidentali.
Jessica Meeuwig, direttore del UWA’s Centre for Marine Futures, sostiene che i rigetti sono anche avvenuti a causa di una pratica nota come high-grading (selezione qualitativa) nel corso della quale i pescatori continuavano a pescare anche dopo aver raggiunto il quantitativo da vendere. “Se prendono pesci più grandi, gettano via quelli più piccoli; di solito non riescono a mantenere entrambi i carichi perché esauriscono lo spazio disponibile o superano la loro quota “, ha detto Meeuwig.
Lo studio ha esaminato la quantità di pesce scartata nel tempo. Negli anni ’50, circa cinque milioni di tonnellate di pesci sono state scartate ogni anno, negli anni ’80 tale cifra è cresciuta a 18 milioni di tonnellate. Il quantitativo si è ridotto ai livelli attuali di quasi 10 milioni di tonnellate all’anno nel corso degli ultimi dieci anni. Il declino dei rigetti negli ultimi anni potrebbe essere attribuito a una migliore gestione della pesca e all’utilizzo di nuove tecnologie, ma i ricercatori ritengono che sia più probabile che si tratti di un indicatore dell’esaurimento degli stock ittici.