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Home Sostenibilità

Fish Dependence Day, l’Europa consuma più pesce di quello pescato

Mariella Ballatore by Mariella Ballatore
5 Novembre 2018
in Sostenibilità

Oggi 13 luglio i consumatori europei hanno esaurito le ‘scorte’ di pesce locale e cominciano a consumare quelle che provengono da oceani lontani, soprattutto dai paesi in via di sviluppo. Se l’Europa avesse consumato solo pesce europeo dall’inizio dell’anno, oggi l’avrebbe finito.
Con questo dato il WWF marca in un immaginario calendario sulla sostenibilità il Fish Dependence Day in Europa. I cittadini europei, infatti, consumano molto più di quello che i paesi del continente pescano nelle sue acque. Oltre la metà della domanda annuale di pesce proviene da acque non europee, di cui circa il 50% da Paesi in via di Sviluppo (su scala mondiale, il pesce che proviene da Paesi in via di Sviluppo è il 60%).
Negli ultimi tre decenni, il Fish Dependence Day europeo è stato anticipato di anno in anno. Trenta anni fa, l’Europa era in grado di soddisfare la domanda di pesce pescandolo in acque europee fino a settembre od ottobre. Durante lo stesso periodo di tempo, il problema globale di pesca eccessiva è’ aumentato. Secondo l’ultimo SOFIA report della FAO, pubblicato pochi giorni fa, un allarmante 31% di stock ittici nel mondo sono sovra sfruttati, il 58 % sono utilizzati al limite dei propri limiti biologici e solo l’11% degli stock ittici sono pescati con moderazione.
L’Italia è al settimo posto della top ten dei paesi con la piu’ alta dipendenza da prodotti di pesce da acque estere: il nostro Fish Dependence Day nazionale in realtà si è ‘celebrato’ lo scorso 3 aprile. La prima a superare la soglia è l’Austria (19 gennaio), seguita da Slovenia e Slovacchia (5 febbraio), Romania (22 febbraio), Belgio (23 febbraio), Lituania (3 marzo), Portogallo (20 aprile), Germania (2 maggio), Spagna (10 maggio), ecc.
In media, ogni cittadino europeo consuma 23 kg di pesce all’anno.Secondo dati FAO, con una media di consumo di pesce di 25.4 kg pro capite all’anno, l’Italia si posiziona al decimo posto in Europa. Portogallo (56.8 kg), Lituania (43.4 kg), Spagna (42.4 kg), Finlandia (35.6 kg) e Francia (34.6 kg) presentano il consumo piu’ alto pro capite in Europa. Insieme, questi cinque Paesi da soli contano circa un terzo di tutto il consumo europeo di pesce.
“La lotta alla pesca eccessiva non ha avuto ancora un grande impatto finora. I deboli segnali di ripresa non sono sufficienti. Lo sfruttamento dell’industria del pesce minaccia la sicurezza alimentare di persone in paesi emergenti e in via di sviluppo. La salute del mare è a rischio” dichiara Marco Costantini, Fisheries Project Manager del WWF Programma Mediterraneo. “Per raggiungere una politica corretta e sostenibile di pesca, è necessario un cambio drastico anziché proseguire questo corso inefficace”.
Nonostante molti stock di varie specie di tonno siano stati sovrasfruttati per anni, la loro pesca è aumentata raggiungendo la cifra record di 7.7 milioni di tonnellate a livello globale. Un incremento questo pari al 15% in soli 4 anni, aumento difficilmente compatibile con gli sforzi di conservazione attuali. Per la prima volta, il pollock dell’Alaska è il pesce più pescato al mondo (3.2 milioni di tonnellate) e spodesta l’acciuga peruviana dal primo posto. “Il precedente valore legato allo stock di acciuga peruviana evidentemente appartiene al passato. Gli stock sono crollati drammaticamente negli ultimi anni. Questo avrà un impatto tremendo sulla popolazione del Peru’”. Sul mercato globale, le acciughe peruviane sono trasformate prevalentemente in cibo per pesci e olio di pesce per allevamenti.
Secondo il SOFIA report, la situazione nel Mar Mediterraneo e Mar Nero è allarmante, poichè la pesca ha subito una caduta di un terzo dal 2007. Questo è prevalentemente dovuto alla scarsa produzione di piccoli pesci pelagici come acciughe e sardine, ma anche molte specie di pesce sono state ridotte da un eccesso di pesca. Il Mar Mediterraneo e il Mar Nero hanno visto la loro pesca diminuire da 2 milioni di tonnellate nel 1982 a 1,2 milioni di tonnellate nel 2013. Tutti gli stock di nasello (Merluccius merluccius) e buona parte di stock di triglie (Mullus barbatus) sono considerati sovra sfruttati, così come lo sono probabilmente anche i principali stock di sogliola e la maggior parte delle orate.

“I nostri supermercati e pescivendoli offrono pesce e frutti di mare da tutto il mondo. Dobbiamo acquistare pesce da fonti di pesca sostenibile. Solo in questo modo possiamo consumare senza creare problemi ambientali e svantaggi economici per i paesi in via di sviluppo” ha dichiarato Marco Costantini.
Su un totale di 49 paesi considerati altamente dipendenti dal pesce, 46 sono paesi in via di sviluppo in latitudini tropicali. Se il pesce non può più costituire fonte essenziale di proteine e micronutrienti, ma viene esportato per il consumo in Europa, possono sussistere denutrizione e rischi di crisi economiche. Per oltre 3 miliardi di persone, il pesce è fonte essenziale di proteine.

Per questo il WWF ha lanciato il progetto Fish Forward, per sensibilizzare i consumatori europei sugli impatti sociali ed ambientali del consumo di pesce e per consigliare il consumo di pesce sostenibile: “Che sia pesce locale o importato, i consumatori dovrebbero sempre scegliere l’opzione sostenibile. Questo aiuta gli oceani e gli stock ittici a recuperare ed a sostenere la sussistenza delle popolazioni nel mondo che dipendono dal pesce come fonte di cibo e reddito”, conclude Costantini.

Tags: settore itticoWWF
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Mariella Ballatore

Mariella Ballatore

Co-founder e Direttrice di redazione. Pubblicista dal 2006 racconta il mondo da oltre un trentennio attraverso giornali, televisione e radio. Come conoscitrice del settore pesca e acquacoltura è stata più volte invitata a moderare e relazionare in convegni organizzati tra gli altri dalla Conferenza Episcopale Italiana – Ufficio nazionale dell’Apostolato del Mare, AquaFarm, Blue Sea Land.

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