Con la popolazione mondiale in aumento del 72% entro il 2050, la pressione nell’utilizzo efficace delle risorse, specialmente in acquacoltura, sta velocemente diventando un imperativo.
Intanto, entro il 2030 il National Intelligence Council si aspetta che circa gli 8,3 miliardi di persone che in quel momento costituiranno la popolazione mondiale avranno bisogno del 50% in più di energia, il 40% in più di acqua, il 35% in più di cibo rispetto ad ora. Visto che si assisterà ad un incremento dell’offerta globale, appare necessario che il settore dell’acquacoltura si adatti in modo valido e performante.
“Dovremmo massimizzare le nostre attuali risorse” ha dichiarato Jon Hindar, CEO del gruppo Cermaq, che citando Arní Mathiesen della FAO è stato molto preciso nel predire che “in futuro la maggior parte dell’offerta dovrebbe essere rappresentata dal settore dell’acquacoltura”. “Per quanto posso immaginare – ha aggiunto – l’acquacoltura si configura come un prerequisito finalizzato a soddisfare i bisogni globali”.
Qui entra in gioco l’allevamento di salmone. Nonostante sia un comparto emergente, negli anni l’allevamento di salmone ha visto una crescita enorme in termini di produzione e consumo.
“La domanda mondiale non subisce rallentamenti” ha notato Hindar “e questo dato rappresenta un buon trend soprattutto per i consumatori”, continua il CEO di Cemaq parlando di nuovi prodotti più facili da preparare e di quelli preconfezionati da mangiare velocemente.
“Anche se tra tutte le attività di piscicoltura quella del salmone occupa solo il 6% del mercato, gli allevatori del settore hanno già raggiunto un progresso tecnologico senza eguali; perciò non sembra irrealistico perseguire la possibilità che il pesce possa un giorno sostituire la carne bovina”, postula Hinder.
“L’importanza degli allevamenti di salmone non sta tanto nella potenziale capacità di sfamare il mondo, questa è assolutamente un’illusione”ma in realtà “possiamo in qualche modo sostituire la carne di manzo con il salmone, mossa che avrà ripercussioni non solo in salute ma anche nell’ambiente”.
“Questo settore è stato in grado di sviluppare precocemente la sua tecnologia dal punto di vista della salute dei pesci, dell’alimentazione e della prevenzione. Tutti questi saperi potrebbero essere trasferiti nell’allevamento di altre specie”.
Per avere successo, l’allevamento del salmone deve essere un’attività sostenibile, regolata e trasparente. Le organizzazioni che hanno aderito alla Global Salmon Initiative (GSI) dimostrano sempre maggiore determinazione nell’aderire a questi criteri.
“Essere un membro di GSI richiede un massiccio impiego di pratiche sostenibili di allevamento, risorse e tempo, trasparenza nei rapporti” sostiene Hinder. L’iniziativa, che conta 14 aziende allevatrici di salmone, rappresenta il 50% dell’offerta mondiale.
Attualmente l’allevamento del salmone risponde a ben 17 obiettivi di sostenibilità stabiliti dall’ Unione Europea.