La Bioeconomia potrebbe essere un forte fattore di sviluppo nei prossimi anni. Oggi in Europa vale circa 2.200 miliardi annui e garantisce il lavoro a oltre 18 milioni di persone. Quella italiana – terzo mercato europeo dopo quello tedesco e francese – vale oltre 260 miliardi (8,3% del Pil) e occupa 1,7 milioni di persone.
Dell’argomento si è parlato nell’incontro dello scorso 19 maggio, organizzato da Prioritalia al FICO Eataly Worlddi Bologna, dove i massimi esperti hanno convenuto che la Bioeconomia è il settore di punta per crescere in valore e sostenibilità. È emerso che per crescere serve più managerializzazione delle aziende, sinergia tra tutti gli attori e attenzione da parte dei cittadini consumatori.
I settori nei quali prevale sono: l’Industria alimentare (51%), seguita da Agricoltura, silvicoltura e pesca (21,5%), Carta (8,9%), Tessile (6,6%), Legno (5,1%), poi i prodotti biobased farmaceutici (2,0%), chimici 1,2%, bioenergia (0,9%), biocarburanti (0,1%) e, a chiudere, gestione e recupero rifiuti biodegradabili (2%).
Ma c’è di più, sta dando vita a tante start up ad alto valore aggiunto (576 le startup innovative nel settore, 7% del totale) soprattutto in Umbria, Marche, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige, che sono comunque regioni forti nelle start up innovative, ma anche in Sardegna, Sicilia e Puglia. In questo giocano un ruolo importante alcuni poli universitari d’eccellenza che, insieme alla vocazione territoriale verso i settori della bioeconomia, costituiscono un driver importante per la nascita di queste imprese innovative.
“La Bioeconomia – ha detto aprendo l’incontro Stefano Bonaccini, Governatore Regione Emilia Romagna – è un fattore di successo su cui puntare anche in termini di sostenibilità. L’Emilia e Romagna è oggi la regione più avanzata su questo fronte. Ma dobbiamo uscire da ogni visione ristretta e fare sistema”.
“Prioritalia, il veicolo della comunità manageriale per sviluppare intelligenza e innovazione sociale, ha coinvolto – ha detto Marcella Mallen, presidente Prioritalia – i massimi esperti del settore, le istituzioni e la business community per valorizzare i territori e connettere tutti gli attori. L’obiettivo, in linea con un delle nostre tre aree di intervento “Economia circolare ed educazione alla sostenibilità dello sviluppo”, è generare sostenibilità ambientale e crescita economica, replicare i casi di successo, mobilitare capitali, promuovere la ricerca e creare occupazione. Insomma, la bioeconomia, che ci coinvolge tutti come attori economici e sociali, è un’eccellenza italiana da conoscere e sostenere”.
“La produzione primaria italiana (agricoltura, allevamento, acquacoltura, produzione forestale/boschiva) – ha detto Fabio Fava docente Università di Bologna e rappresentante italiano Bioeconomia Commissione Europea e Oecd – può migliorare sensibilmente in quantità e qualità della biomassa prodotta e nella sua trasformazione in alimentari o composti biochimici, biomateriali e biocombustibili con aumento di qualità e sostenibilità. Su entrambi i fronti serve maggiore tecnologia, soprattutto quella riconducibile all’industria 4.0, ma anche una maggiore interconnessione dei settori produttivi e di trasformazione, con una valorizzazione puntuale della biodiversità sia terrestre che marina, dei servizi ecosistemici e della circolarità. Serve l’adozione della strategia nazionale, diretta a mitigare le criticità e a cogliere le opportunità non valorizzate sui territori, per creare nuove catene del valore, più lunghe e maggiormente radicate nel territorio, che consentano la rigenerazione di aree abbandonate, terre marginali e siti industriali dismessi”.
“Dobbiamo puntare a livello sistemico sulla Bioeconomia perché – ha affermato Mario Mantovani, vicepresidente Manageritalia – questo è un must a livello mondiale per una crescita sostenibile, ancor più per noi che abbiamo il plus del nostro sistema agroalimentare e culturale a livello di cibo e cucina. Serve però fare sistema, mettere tutti i vari operatori in rete e sinergia e aumentare la presenza manageriale senza la quale non si compete”.
Come è emerso nell’incontro, la Bioeconomia garantisce sicurezza e qualità alimentare, mitiga gli inquinamenti ambientali e i cambiamenti climatici, rigenera l’ambiente, limita la perdita di biodiversità e le grandi trasformazioni nell’uso del suolo. In tutte le sue varie declinazioni a livello di produzione e consumo la Bioeconomia ha un ruolo chiave per raggiugere gli obiettivi dell’economia circolare europea che sono la riduzione del 30% nell’uso delle risorse e del 50% della produzione di gas ad effetto serra e l’ aumento del 4% dell’incremento del PIL e di 1 milione di posti di lavoro entro il 2030.
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