La bussola.
Riordino e semplificazione nel settore della pesca professionale italiana – È appena iniziato presso il nostro Parlamento l’iter per l’esame di due identiche proposte di legge, ma presentate da due gruppi politici diversi, recanti interventi per il settore ittico e in materia di politiche sociali per la pesca professionale nonché una delega al governo per il riordino, anche in ottica di semplificazione, della normativa nazionale inerente il medesimo settore.
In realtà trattasi della ripresentazione di una precedente proposta di legge che nella passata legislatura non era riuscita a completare tutto l’iter parlamentare connesso.
Non si può che accogliere con favore il mantenimento dell’interesse della politica italiana nei confronti della pesca professionale anche perché questo atteggiamento farebbe da volano per manifestare con più vigore le proprie posizioni in sede Comunitaria.
Ricordiamo che la normativa italiana sulla pesca professionale è tuttora retta essenzialmente, dal punto di vista applicativo, da un regolamento risalente al 1968 e ispiratosi ai principi allora dettati dalla storica legge del 1965, ora abrogata, con la quale la pesca si era distaccata come cellula dell’ancora più datato Codice della Navigazione per assumere una posizione “speciale e autonoma” per il ruolo economico, politico e sociale di primo piano acquistato in virtù, soprattutto, dell’evoluzione tecnologica che prepotentemente stava coinvolgendo questo settore.
Certamente desta stupore che ancora siano in vita queste norme ma bisogna tenere presente che quella era un’epoca in cui la carenza legislativa costituiva terreno fertile per la nascita e lo sviluppo di norme di grande respiro mentre adesso assistiamo al continuo proliferare di norme che rendono effettivamente arduo qualsiasi tentativo di raggruppamento in un testo coordinato.
Tuttavia, bisogna evidenziare che leggi delega similari a quella attualmente all’esame parlamentare, non rappresentano affatto una novità e nel tempo si sono succeduti diversi interventi sia parlamentari che governativi.
Indubbiamente la prima svolta storica la si è avuta nell’anno 2001 con l’espressa manifestazione della volontà politica di mettere mano ad una modernizzazione nel settore della pesca e dell’acquacoltura.
Nel 2001, quindi, è iniziato un processo di modernizzazione nel settore della pesca professionale e gli interventi successivi sono stati, e sono tuttora, finalizzati a completare tale processo e l’ultimo di essi , di una certa rilevanza, è stato emanato nell’anno 2012.
Bisogna stare attenti però a dare, nel nostro caso, il corretto significato al termine “modernizzazione” che, a mio parere, deve essere inteso nell’azione di dotare il settore di uno strumento adatto alle sue specificità, alle sue tendenze ed alle sue esigenze attuali nell’ottica della chiarezza e della semplificazione.
Quindi una reale modernizzazione non riguarda tanto la normativa generale che oramai è quasi esclusivamente di competenza della Unione Europea e si rischierebbe di addentrarsi in un mero richiamo o, peggio ancora, in una duplicazione delle previsioni comunitarie, ma sugli aspetti tecnico/organizzativi che comunque hanno un grosso impatto sul settore come, ad esempio, le categorie e le abilitazioni professionali di pesca e le procedure per conseguire le varie licenze e titoli.
Tuttavia non passa inosservato che, laddove taluni aspetti non siano stati disciplinati da norme comunitarie e siano stati invece demandati alla competenza nazionale, i risultati siano stati talvolta insufficienti con casi anche di mancata applicazione di taluni dispositivi fortemente innovativi e favorevoli.
Pertanto l’attenzione, la pressione e la vigilanza sul corretto sviluppo delle proposte tuttora in attesa dell’esame parlamentare deve essere mantenuta alta da parte delle organizzazioni di categoria e, in proposito, ho potuto apprezzare ultimamente soprattutto l’intervento dell’Alleanza delle Cooperative.
D’altro canto, quello del cooperativismo è un aspetto su cui questo processo di modernizzazione in corso sta puntando e investendo.
A questo punto il quesito che ci si deve porre è se queste nuove proposte di legge siano effettivamente in linea con l’esigenza di modernizzazione sopra definita.
In effetti, in esse si possono scorgere taluni principi importanti come quelli relativi alle annose ed ancora irrisolte questioni previdenziali dei marittimi e poi c’è tutto un contorno di altri dettami, forse di secondo piano e poco convincenti, ma che ulteriormente e correttamente approfonditi potrebbero dare un contributo per un quadro più completo del settore.
Invece voglio richiamare l’attenzione sul principale articolo, a mio giudizio, delle proposte di legge e precisamente l’art.2 che contiene una missione importante affidata al governo e suddivisa in più punti.
Fra tutti ritengo fondamentale quello che contiene la previsione della raccolta in un testo unico di tutte le norme vigenti in materia di pesca e di acquacoltura, apportando ad esse le modifiche necessarie per la semplificazione, il riordino e l’aggiornamento della normativa di competenza nazionale, seguita dall’ adeguamento delle categorie di pesca previste dal Codice della Navigazione per renderle coerenti con le evoluzioni tecnologiche anche in materia di sicurezza della navigazione e, infine, dal miglioramento delle condizioni di lavoro.
Soprattutto la previsione dell’introduzione di disposizioni volte a semplificare i procedimenti amministrativi deve rappresentare una concreta risposta dello Stato a tutti gli operatori della pesca che quotidianamente fanno i conti con le miriadi di incombenze, anche documentali, che di fatto rallentano o addirittura bloccano l’attività imprenditoriale o parte di essa.
Ci si rende conto, cioè, che l’applicazione della 241/90 è risultata insufficiente per incidere sui procedimenti di interesse del settore ittico e devono essere trovate pertanto effettive e valide soluzioni in chiave di semplificazione.
In tal senso, ad esempio, rilevo con rammarico che anche in queste proposte legislative in esame ci si imbatte ancora, a distanza di molti anni, in soluzioni sulla materia delle licenze di pesca e delle connesse tasse di concessioni governative la cui efficacia ritengo molto dubbia e con il fondato rischio di una ulteriore occasione persa per migliorare il relativo sistema.
Con l’ultimo riordino normativo del 2012, invece, colmando le lacune allora esistenti, si era riusciti a dare una ridefinizione esaustiva ed efficace della figura dell’imprenditore ittico e delle attività di pesca e di acquacoltura nonché a fare un completo riordino del sistema sanzionatorio relativo al settore ittico.
Quindi è evidente che l’affidamento alla competenza specialistica del Governo, che i parlamentari non possiedono, degli aspetti tecnico/amministrativi presi in considerazione deve essere raccolto con convinzione dagli Uffici centrali preposti, con il doveroso passaggio del confronto fattivo con il mondo cooperativistico e associazionistico, con l’auspicio che il vaglio delle soluzioni sia improntato sulla effettiva completa conoscenza delle realtà alle quali si vuole dare un concreto contributo di sviluppo.
Si tratterebbe, in conclusione, di interpretare e favorire il superamento delle criticità, soprattutto in termini di tempistica, più volte segnalate dagli operatori del settore e che spesso incidono sul sempre più faticoso esercizio della propria attività perché non si deve dimenticare che il settore è impegnato verso i nuovi orizzonti dettati dai processi di transizione messi in campo dalla comunità internazionale.
La bussola. Riordino e semplificazione nel settore della pesca professionale italiana