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Home Sostenibilità

Luffa cilindrica: la spugna che preserva i mari

Mariella Ballatore by Mariella Ballatore
18 Ottobre 2017
in Sostenibilità
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La Luffa è una pianta originaria dell’Asia che da diversi anni viene coltivata anche nell’Italia meridionale. Appartiene alla famiglia delle Cucurbitacee, la stessa famiglia delle zucchine ma a differenza di queste ha un portamento rampicante, arrivando a coprire una superficie anche di cinque metri. Pur avendo frutti commestibili se colti precocemente, la pianta è nota ed apprezzata principalmente come spugna vegetale. Il frutto infatti, a completa maturazione, si disidrata perdendo gran parte del peso e ciò che resta è esclusivamente il corpo fibroso che costituisce la spugna.

Il genere Luffa è costituito da più specie con diversa morfologia di frutti. La specie da noi presa in esame è la L. cylindrica, meglio nota anche come Luffa aegyptiaca.  Negli ultimi anni il mercato italiano deve far fronte ad una domanda in crescente aumento per questo prodotto, che rispecchia la rinnovata sensibilità del consumatore sempre più coinvolto dall’impatto ambientale insito nel processo produttivo e nella fase di smaltimento a fine vita del prodotto. L’Egitto risulta tra i più grandi produttori di questa pianta, di cui esportano perlopiù il prodotto finito: le spugne vegetali. La Luffa infatti, una volta essiccata, viene impiegata per la cosmesi naturale, l’igiene del corpo, la detergenza ecologica della casa, delle stoviglie e per la pulizia di superfici più delicate come per esempio vetri e carrozzerie di automobili. Difatti si è dimostrata resistente ai tensioattivi ed ai prodotti chimici comunemente utilizzati per l’igiene della casa.

Si tratta si un prodotto ecologico, naturale, compostabile – basta gettarla nell’umido ad esaurimento del ciclo di vita – multiuso, potendo essere messa in lavatrice per tornare come nuovo. Inoltre essendo un prodotto di origine vegetale, la sua domanda sul mercato è rivolta a quelle fetta sempre più ampia di consumatori che la preferiscono alle tradizionali spugne marine, con ricadute positive sulla tutela dell’ecosistema marino.

Per ottenere una spugna vegetale di Luffa occorre prendere un frutto essiccato, sbucciarlo dalla cuticola esterna, svuotarlo dai numerosi semi in esso contenuti e tagliarlo nel punto di nostro interesse, a seconda della zona più o meno fitta e morbida del frutto. Alcune zone, come per esempio l’estremità finale del frutto, sono ottime per realizzare spugne che richiedono una certa facilità di presa, ottime per eliminare lo sporco ostinato o per la pulizia delle stoviglie. La parte centrale invece è molto grande e permette di realizzare grosse spugne per il corpo, per la pulizia di grandi superfici o fette di spugna da utilizzare come esfolianti per rimuovere la pelle morta. Se si tagliano invece le fibre in modo longitudinale, soprattutto nella parte più morbida, si possono ottenere dei comodi dischetti per viso, ottimi come struccanti. Queste zucche potranno avere addirittura applicazioni biotecnologiche. Difatti la loro struttura reticolata fibrosa, dall’elevata porosità (79-93%) e dalla densità molto bassa, la rendono adatta per l’immobilizzazione cellulare.

Studi in questo senso hanno dimostrato tali potenzialità su cellule di microalghe, funghi, batteri, lieviti, piante superiori ed epatociti umani. Cellule immobilizzate nella spugna di Luffa hanno fornito risultati migliori rispetto a quelli ottenuti utilizzando cellule in sospensione libere o immobilizzate in materiali polimerici naturali e sintetici utilizzati convenzionalmente per la produzione di etanolo, acidi organici, enzimi e metaboliti secondari. Sistemi cellulari così immobilizzati sono stati utilizzati in modo efficiente per il trattamento di acque reflue contenenti metalli, coloranti e composti clorurati tossici. Questa tecnologia è stata utilizzata anche per sviluppare biofilm per la bonifica di acque reflue domestiche ed industriali. Inoltre, la struttura tridimensionale delle spugne di Luffa è stata indicata come idonea per la coltura di epatociti, avendo quindi potenziale utilizzo per lo sviluppo di un fegato artificiale con matrice semi-naturale. Le potenzialità offerte da tale vegetale sembrano dunque ancora molto ampie ed in grado di aiutare il progresso tecnologico in numerosi campi di ricerca.

A fine agosto 2017 è stata avviato un ciclo di coltivazione sperimentale in acquaponica presso le strutture dell’Assam di Jesi. Abbiamo deciso di tentare una coltivazione fuori periodo naturale di semina della pianta per osservare se e come si sviluppa in un sistema acquaponico a zattere galleggianti. I semi sono stati dunque piantati su un substrato di fibra di cocco a metà Agosto. Favoriti dalle alte temperature ed umidità le piantine si sono sviluppate vigorose e dopo due settimane dalla semina sono state introdotte sulle zattere galleggiati. Le piante hanno risposto positivamente al trapianto in vasca mantenendo un buon turgore generale tanto che dopo cinque giorni si sono osservate sporgere dal vaso le prime radici immerse in acqua. È stato allestito un reticolato accanto alle piante per permettere un adeguato supporto al loro sviluppo verticale. A giudicare dalla florida crescita, sembra che la sperimentazione proceda bene.

Se si manterranno condizioni ideali di temperatura ed irraggiamento solare a breve le piante produrranno fiori che, se impollinati, produrranno i frutti. Molto dipenderà quindi dalle condizioni meteorologiche delle prossime settimane. In serra si cercheranno di mantenere parametri di crescita ottimali per arrivare al raccolto ed aggiungere un’altra coltura dalle grandi potenzialità tra le possibilità offerte dall’acquaponica. Difatti, sfruttando i vantaggi insiti in questa tecnica innovativa, si potranno produrre Luffe di alta qualità in minor tempo ed in contesti urbani, promuovendone ulteriormente la diffusione e l’utilizzo, specie domestico. Sarebbe auspicabile la sua diffusione in alberghi e spa che hanno un’impronta più attenta all’ambiente, includendo le spugne naturali in trousse offerte alla propria clientela. 

La Luffa ha un portamento altamente plastico ed adattabile alle esigenze e potenzialità dell’impianto in cui si coltiva. Questa sua peculiarità permette di indirizzare la sua crescita per propagazione in orizzontale o in verticale, sfruttando così al meglio lo spazio che si ha a disposizione. Chi sia interessato realizzare un’impresa che la produca in Italia, consideri oltretutto che in seguito all’aumento delle temperature medie che si stanno registrando nel nostro Paese, si potranno avere in Italia nel prossimo futuro un aumento dei periodi favorevoli per tali coltivazioni, permettendo buone rese produttive e più cicli produttivi all’anno.

Dr. Alessandro Neri

Tags: acquaponicaluffa cilindrica
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Co-founder e Direttrice di redazione. Pubblicista dal 2006 racconta il mondo da oltre un trentennio attraverso giornali, televisione e radio. Come conoscitrice del settore pesca e acquacoltura è stata più volte invitata a moderare e relazionare in convegni organizzati tra gli altri dalla Conferenza Episcopale Italiana – Ufficio nazionale dell’Apostolato del Mare, AquaFarm, Blue Sea Land.

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