Nella pesca europea il pensiero unico non ammette dissensi e negazioni – È di stringente attualità l’ultimo parto del Commissario europeo alla pesca Sinkevičius, quel “Piano di Azione” che compone insieme ad altri documenti il “Policy Package” presentato ufficialmente nel febbraio scorso. Non voglio nuovamente entrare nel merito della questione centrale del Piano che ha suscitato e sta ancora suscitando le proteste del settore pesca in tutta Europa, e cioè le proposta di procedere ad un “phasing out” (bando progressivo) di tutti gli attrezzi da pesca mobili sul fondo (strascico e draghe). La proposta ha avuto reazioni molto negative in Commissione Pesca del Parlamento Europeo e nella Plenaria, nonché al primo passaggio in Consiglio dei Ministri UE dove verrà ancora trattata nella seduta “agrifish” del 26-27 giugno. Nonostante ciò il Commissario, e i suoi servizi, sembrano inamovibili e rassicurando tutti circa il fatto che il Piano non è un atto legislativo vincolante, insistono nel sostenerne l’approccio e le motivazioni, che sarebbero basate su chiare evidenze scientifiche.
Ed è esattamente su questo che mi voglio soffermare, colpito da come è andato l’ultimo colloquio avuto nei giorni scorsi a Bruxelles con la direttrice della DG Mare Charlina Vitcheva.
Nell’incontro la delegazione dell’Alleanza delle Cooperative Italiane del settore pesca ha distribuito alla Direttrice ed ai suoi funzionari uno studio (in lingua inglese) sull’impatto dello strascico sull’ambiente effettuato dal Prof. Michele Scardi, ordinario di Ecologia all’Università di Roma Tor Vergata, con la collaborazione del Dr. Enrico Casola, Presidente dell’Istituto Cooperativo di Ricerca. In estrema sintesi lo studio, dopo una interessante analisi della letteratura esistente sullo specifico argomento (tempi, qualità, ridondanza, etc.), e sulla base di chiare risultanze scientifiche, arriva nelle conclusioni ad affermare che:
- I fondali marini frequentati dalla pesca a strascico non risultano desertificati, ma adattati a questa ripetuta azione con l’instaurarsi di biocenosi bentoniche a rapido insediamento ed accrescimento. Sono questi organismi a costituire il substrato trofico di cui si nutrono le specie ittiche demersali che continuano ad essere catturate da decenni, (come prova l’andamento delle catture) ed i cui stock presentano, anzi, una situazione in lento miglioramento, rilevato dalla valutazione delle risorse effettuate annualmente, grazie alle misure restrittive imposte dalla Politica Comune allo sforzo di pesca.
- La interruzione totale della pesca a strascico su questi fondali non porterebbe alla ricostituzione dello “stato pristino”, ossia della situazione preesistente all’inizio della pesca a strascico. Partendo dalle alterazioni ormai subite dall’ambiente si arriverebbe ad un nuovo equilibrio tra gli organismi bentonici e demersali con ogni probabilità molto diverso da quello originario, quale risultante di molte variabili (qualità delle acque, presenza di inquinanti, rapporti preda-predatori, granulometria del fondale, correnti, temperatura, profondità, penetrazione luce solare).
- Su questi fondali la pesca a strascico non può avere impatti negativi aggiuntivi a quelli già determinati nel tempo.
- Nuovi impatti negativi sugli stessi fondali possono essere determinati solo dalla intensificazione della pesca a strascico. Impatti ancora peggiori sono quelli che lo strascico potrebbe determinare spostandosi su nuovi areali “vergini”. Sono esattamente queste le possibili conseguenze che il Piano di Sinkevičius rischia di avere, precludendo nuove aree alla flotta a strascico oggi operante e obbligando i pescherecci a spostarsi su nuove aree o a concentrarsi nelle aree già frequentate non precluse.
Richiamando tutto ciò nell’incontro di cui sopra, la sorprendente risposta è stata che “è inutile negare l’impatto dello strascico sui fondali”, quale premessa al resto della discussione che si è sviluppata sulle varie misure di gestione che il Piano invita gli Stati membri ad attuare.
Nonostante, quindi, si sia evidenziata la non univocità delle posizioni scientifiche sul tema, che forse l’impatto dello strascico sui fondali marini possa essere considerato in modo diverso non è per la CE una opzione neanche ammissibile.Una volta scritto su un documento ufficiale, diffuso del Commissario e sottoscritto da 200 scienziati a sostegno, quanto enunciato dal Piano di Azione è intoccabile ed a nulla è valso fare presente:
a) Che, se fosse vera la teoria della desertificazione, la pesca a strascico non sbarcherebbe quotidianamente il prodotto con cui rifornisce i mercati ittici europei;
b) che se 200 scienziati hanno sottoscritto le basi del piano se ne trovano altrettanti che sottoscrivono il contrario;
c) che studi scientifici hanno abbondantemente dimostrato che lo stop allo strascico non si traduce automaticamente nell’aumento di biomassa ittica in mare (vedi studi di U. D’Ancona nel dopoguerra);
d) che è lapalissiano l’impatto negativo conseguente alla intensificazione dello strascico o l’estensione di questo in nuove aree a seguito del “phasing out” dalle aree Natura 2000 ed oltre, come proposto dal Piano;
e) che, se pure non immediatamente vincolante, è chiaro che il Piano di Azione non potrà non influenzare i futuri Regolamenti europei;
f) che io non ho mai pensato che la terra fosse piatta e che il COVID fosse una semplice influenza, ma che non credo neanche alla teoria del fondale marino desertificato.
Quello che colpisce e preoccupa alla luce di tutto ciò, ancora più del merito del problema, è il meccanismo per il quale una posizione scritta diventa anche scientificamente indiscutibile e immutabile, e chi intende discuterla è comunque un negazionista. Anche se la realtà delle cose, come la prosecuzione della pesca nelle zone già frequentate dallo strascico, supporta le ragioni che portano a confutare il pensiero unico, questo non è neanche discutibile in quanto supportato politicamente. Di conseguenza la ragion politica vince sulla realtà.
Qualcuno certamente penserà che questa non è una novità, che non me ne dovrei stupire e che se lo faccio sono un ingenuo. Questo qualcuno ha probabilmente ragione, come tutti i professionisti della disillusione.
Personalmente non mi sono stupito più di tanto, ho mantenuto la calma e proseguito la riunione con atteggiamento cordiale e collaborativo. Ma questo non cambia il mio profondo disagio nel dover constatare una volta di più quanti scienziati, quanti funzionari e quanta gente comune è pronta a negare la realtà (loro, non io) per bere e pascersi della ragion politica, e quanto tutto ciò rischi di fare danni seri a tanti onesti lavoratori e probabilmente anche all’ambiente che qualcuno dice di voler difendere.
Giampaolo Buonfiglio, presidente AGCI Agrital e Alleanza Cooperative Italiane Pesca
Nella pesca europea il pensiero unico non ammette dissensi e negazioni