Un interessante articolo scritto da John Bolton, Professore di Biologia presso l’Università di Cape Town e pubblicato su The Conversation, ci fornisce una chiara idea su quella che è l’attuale condizione del settore acquacoltura nell’Africa subsahariana.
Ecco l’articolo.
Se non sapete cosa sia l’acquacoltura, non siete i soli: un sondaggio del 2009 ha evidenziato che un notevole 85% dei sud africani non aveva mai neanche sentito il termine. La situazione oggi non è migliorata molto, più persone hanno sentito parlare di acquacoltura, ma pochi in realtà sanno che cosa è.
L’acquacoltura è l’equivalente acquatico dell’agricoltura. Comprende essenzialmente “la crescita” di animali e piante che vivono in laghi, fiumi o in mare, soprattutto per il consumo umano. Si tratta di una delle industrie in più rapida crescita del mondo negli ultimi decenni.
In realtà, oggi, abbiamo più probabilità di mangiare pesce “di allevamento” rispetto a pesce selvaggio. Ma questo non è vero in Sudafrica. Nel 2014 la fornitura di pesce per il consumo umano da acquacoltura ha superato per la prima volta quella da pesca. Tale tendenza continua, poiché la quantità di pesce che può essere fornita dall’industria della pesca tradizionale ha raggiunto un plateau mentre l’acquacoltura continua ad espandersi rapidamente. È in aumento in quei paesi con una lunga tradizione di acquacoltura, ma anche in regioni in cui non è era mai stata attuata prima. Poiché la fornitura di pesce attraverso la pesca diventa meno sostenibile, la sfida globale è quella di sostituirla sostenibilmente attraverso l’acquacoltura.
L’acquacoltura di pesci d’acqua dolce recentemente si è ampliata molto rapidamente, l‘acquacoltura marina ivece, deve ancora decollare, anche se ci sono uno o due esempi di successo. Poiché le forniture dalla pesca diventano più esigue, c’è sempre più bisogno di sviluppare l’acquacoltura. La mancanza di spazio marittimo idoneo limita l’espansione in Sudafrica, ma ci sono molte zone marittime in tutto il continente dove l’acquacoltura marina potrebbe aumentare rapidamente in considerazione delle richieste di investimenti e competenze.
La maggior parte della produzione acquicola del mondo si svolge in Asia, con la Cina (60%) e i primi sei paesi – tutti in Asia – che producono l’86% del totale. Il rapido tasso di crescita dell’acquacoltura nell’ultimo quarto di secolo nei paesi asiatici viene rispecchiato nella produzione di pesci d’acqua dolce nell’Africa subsahariana.
Nel 2014 sono state coltivate solo 550.000 tonnellate di animali acquatici, che sono meno dell’1% della produzione mondiale. Quasi tutto il pesce è d’acqua dolce – per lo più pesce gatto, tilapia e pernici del Nilo. Nigeria e Uganda sono i principali produttori della regione.
La produzione di acquacoltura marina in Africa ha una storia meno prosperosa. Nel 2008 la produzione è stata di solo 12.000 tonnellate, scendendo a 10.000 tonnellate nel 2014. La maggior parte di questa è costituita da gamberi in Madagascar e in Mozambico, e abalone, cozze e ostriche, in Sudafrica.
Un esempio di acquacoltura marina a lungo termine nella regione è rappresentata dalla produzione di alghe rosse in Tanzania, con 13.000 t nel 2014. L’alga non viene consumata direttamente, ma viene esportata a secco per la produzione oltremare del carrageenano colloidale. Si tratta di un tipo di gelatina utilizzata principalmente nell’industria alimentare come agente ispessente, gelificante, stabilizzante e sospensivo in alimenti a base di latte e di acqua. I redditi derivanti dalla coltivazione di queste alghe sono bassi, ma fanno una differenza significativa per le famiglie in alcune zone, in particolare a Zanzibar.
Acquacoltura marina sudafricana
La storia di successo dell’acquacoltura marina del paese è rappresentata dall’abalone locale Haliotis midae (perlemoen). Cominciò negli anni ’90 e ora ne vengono prodotte annualmente circa 1.500 tonnellate che rappresentano oltre il 90% del valore dell’acquacoltura marina sudafricana. L’abalone sudafricano non è coltivato su corde, zattere o gabbie in mare o in baie ed estuari protetti, a differenza della maggior parte dell’acquacoltura marina globale. È un prodotto di alto valore, coltivato pompando grandi quantità di acqua di mare in serbatoi posizionati sulla terra.
Una grossa azienda di abalone pompa oltre 10 milioni di litri di acqua di mare all’ora, con costi importanti per elettricità. Tali infrastrutture sono economicamente fattibili solo con un prodotto di alto valore. La maggior parte degli abaloni da allevamento sudafricano è esportata viva o in lattine in Cina.
Le due principali storie di successo dell’acquacoltura marina nell’Africa subsahariana sono molto diverse tra loro: le alghe rosse coltivate in mare e esportate come materie prime a basso prezzo, e un mollusco cresciuto in sistemi a terra ed esportato come un alimento a prezzi elevati. Entrambi forniscono reddito e occupazione, ma non cibo per gli africani.