La Politica Comune della Pesca, al fine di ottenere la riduzione dello sforzo di pesca e gestione delle risorse, si è sempre basata su un sistema di controllo e riduzione sulle licenze di pesca, quindi della flotta. Infatti il sistema delle licenze, introdotto in Italia nel 1982, era lo strumento cardine per contenere lo sforzo di pesca e limitare l’aumento della flotta in una determinata area di pesca, condizione essenziale per l’accesso allo sfruttamento delle risorse e sistema in grado di acquisire informazioni sulla flotta, ovvero un sistema anagrafico gestionale e l’altro di controllo e monitoraggio sulle risorse ittiche catturate. In questo senso, i Programmi elaborati dal Ministero hanno posto le basi per un consistente calo numerico delle unità, della stazza e potenza motore della flotta nazionale.
Obiettivo principe non era la sostenibilità economica ma la sostenibilità ambientale. Infatti fin dall’inizio degli anni 2000 si è agitato lo spettro dell’MSY, (Maximum Sustainable Yeld), cioè la Resa Massima Sostenibile di una risorsa disponibile, senza intaccarne la consistenza e la capacità di rigenerazione. Per la gestione della pesca, si trattava quindi di riportare gli stock ittici a livelli atti a garantire un indice MSY sostenibile.
Nell’ottica di questo obiettivo, lo scorso 7 aprile è stato pubblicato in G.U. il Decreto MIPAAF sull’adozione dei Piani di Gestione Nazionali relativi alle flotte di pesca dedite pesca di risorse ittiche “Demersali”. Con questo provvedimento la Direzione ha puntato su una innovazione legislativa per ottenere la riduzione delle catture e evitare, nel lungo periodo, il depauperamento dello stock e la conseguente riduzione delle possibilità di pesca. Le novità previste nei Piani riguardano, i segmenti di pesca che contribuiscono almeno al 2% della produzione totale e, in particolare, ogni piano distinto per GSA ha come caratteristica la Specie Bersaglio, l’Areale di Cattura (GSA) e la riduzione delle giornate di pesca dal 2018 al 2020.
“Fermo restando che è mia personale convinzione – ha dichiarato a questo proposito Gennaro Scognamiglio, Presidente di Unci Agroalimentare – che una politica di pesca tesa a promuovere la sostenibilità e la protezione della risorsa ittica deve necessariamente passare per la salvaguardia delle imprese di pesca e la salvaguardia dei livelli occupazionali perché le famiglie dei pescatori hanno ancora il vizio di mangiare, di vestirsi e comprare i libri scolastici ai figli.
Quindi, una politica avveduta – ha ribadito Scognamiglio – non può più essere protesa verso chiusure spazio temporali ma che, attraverso la ricerca miri all’evoluzione degli attrezzi in senso selettivo per una pesca sempre più sostenibile. Inoltre, va detto che le giornate di pesca effettivamente svolte dalle Imprese di Pesca si aggirano in circa 180 l’anno quindi, se i Piani hanno individuato segmenti di pesca produttivi che contribuisco almeno al 2 % della economia, questo significa mettere in ginocchio le IMPRESE CHE ATTUALMENTE SOPRAVVIVONO.
Insomma – ha concluso il Presidente di Unci Agroalimentare – occorrono misure di sostegno al reddito serie e certe per queste Imprese che devono far quadrare i bilanci societari ed aziendali familiari con una stagnazione economica che consente un maggior flusso di pescato estero, con condizioni meteomarine avverse, con un mare di plastiche in rete che creano danno, con la mucillagine ed in ultimo e non per ultimo I DELFINI che sottraggono e/o rovinano il pescato. Chiediamo alla Politica e alla Direzione Generale che è cosi attenta ad attivarsi per un reale sostegno del reddito anche attraverso misure speciali che, se necessario, fermino la pesca ma garantiscano al contempo contributi economici. Ma non tra due o tre anni, perché tutti hanno diritto di vivere.”